Jon Hopkins SINGULARITY
[Uscita: 4/05/2018]
Inghilterra #consigliatodadistorsioni
Sono trascorsi ben cinque anni dall’ultimo lavoro sulla lunga distanza (“Immunity”) del bravo produttore e compositore londinese Jon Hopkins a questo suo ultimo cimento discografico “Singularity”, per i tipi della medesima etichetta discografica, la Domino. Si diceva produttore: il Nostro infatti può vantare prestigiose collaborazioni in tal senso, con il grande Brian Eno innanzitutto, in “Another Day On Earth” e in “Small Craft On A Milk Sea”, e con i Coldplay, solo per citare gli artisti più famosi. Artista in proprio, d’altro canto, al suo quinto album personale, con il tratto contraddistintivo del genio creativo. Ripetere il successo di "Immunity" era tutt’altro che facile per questo valoroso esponente della nuova musica elettronica, e tuttavia l’esito di quest’ultima opera è all’altezza del suo talento. Un repertorio che è intessuto di sonorità elettroniche ben modulate e ritmicamente incisive nella prima parte, coniugate con ispirazioni prettamente meditative, new age diremmo, ambient nel senso di un Eno ‘aeroportuale’, nella parte conclusiva. D’altronde, l’influenza del bardo di Woodbridge non poteva che essere decisiva nella formazione artistica di Jon.
Nove frammenti di suono ora ebbro di singulti elettronici ora dispiegato in placide note di piano immerso in fitti banchi di nebbia sensoriale. Dalla traccia inaugurale, l’omonima Singularity, dove la linea elettrica della composizione si frange in mille rivoli di suono liquescente, alla virata in mero stile dance-hall della successiva Emerald Rush; dal ritmo ancora frastagliato e puntuto come una scheggia di roccia incandescente di Neon Pattern Drum alla lunga cavalcata siderale della sontuosa Everything Connected, l’episodio più intenso e riuscito dell’album, in cui tutte le direttrici stilistiche presenti nell’opera si amalgamano in una perfetta sintesi avanguardistica, il disco si dipana in eccellente brillantezza. Feel First Life mostra l’altra faccia dell’opera, in chiave prodromica: un lento stillicidio di note pianistiche dai battiti cardiaci rallentati, un’atmosfera crepuscolare sincopata e come declinata in color glicine, con voce femminile in dissolvenza. C O S M disegna l’ultimo sussulto elettronico autentico dell’album, ricco di suggestioni sperimentali, prima della discesa finale come entro una valle avvolta da ombre perenni dei brani conclusivi: Echo Dissolve, note di piano come provenienti da lontananze ignote; Luminous Beings, segmento dal suono sintetico che si tramuta rapidamente in scintillante zampillo; Recovery, respiro finale quietamente sfumante in esile velo silenzioso. Prova superba, invero.
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