Stephen Malkmus GROOVE DENIED
[Uscita: 15/03/2019]
Stati Uniti
Si è abituati al genio e alla sregolatezza di Stephen Malkmus, cantante e chitarrista californiano trapiantato a Portland, sin dagli eccellenti trascorsi, da leader, con i valenti Pavement, e poi con gli avanguardistici Jicks di cui è stato mentore per taluni lustri, fino all’ultima fatica discografica “Sparkle Hard” del 2018. Un artista sui generis che ha sempre amato la commistione tra generi apparentemente inconciliabili tra essi. Così come accade in questo “Groove Denied”, senza l’usbergo dei Jicks stavolta. Album nel quale confluiscono in virtuosa sintesi le passioni musicali proteiformi del Nostro: dal kraut-rock al techno-pop, dal post-punk alla psichedelia eslege e obliqua della baia di San Francisco. Una miscellanea di sonorità talmente eterogenea da indurre l’ascoltatore a una sia pur lieve e temporanea alterazione di coscienza. Tuttavia, l’esito non è affatto malvagio, anzi. Un disco modellato su un triplice piano stilistico, a nostro avviso. A un primo approccio di pretta matrice elettronica e sperimentale, infatti, (Belziger Faceplant), dove le pulsazioni tecnotroniche tengono luogo dei suoni tradizionalmente afferenti alla poetica sonora di Stephen, fa da sponda la successiva traccia A Bit Wilder che sembra la diretta scaturigine di un flusso post-punk originatosi negli anni Ottanta in qualche oscura landa albionica (Wire, Killing Joke, Ultravox, Bauhaus, Cabaret Voltaire docent).
Prosegue sul medesimo stile, soltanto con taluni riflessi melodicamente più pronunciati, l’intensa scia sonica di Viktor Borgia, con la voce di Malkmus alquanto ispirata sopra un tappeto di morbida spuma elettronica. L’amore viscerale del Nostro per i leggendari Can si disvela nella traccia successiva, Come Get Me, così come ai Corrieri Cosmici s’ispira la iterativa e mantrica Forget Your Place. Recupera stilemi inerenti alla migliore tradizione psych-rock la linea frastagliata, contrappuntata da acide chitarre in distorsione di Rushing The Acid Frat, mentre al più intenso indie-rock appartiene la traccia successiva, Love The Door, con sapienti intarsi di chitarra a decorare una struttura melodica di un certo rilievo. Bossviscerate coniuga venature folk e tradizione psichedelica, seguita dall’impianto alt-rock di Ocean Of Revenge, dove i toni si stemperano in una sfumata cornice crepuscolare; a chiudere un album intrigante seppur, forse, contrassegnato da una dose eccessiva di eterogeneità stilistica e contenutistica, la placida melodia di Grown Nothing. Un album di buona fattura.
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