Black Ox Orkestar Everything Returns
[Uscita: 02/12/2022]
Dopo quindici anni di assenza risorgono, come dice il titolo 'ogni cosa ritorna', i Black Ox Orkestar, progetto che nasce nell’ambito della scena indie di Montreal che ruota intorno all’etichetta Constellation e che vede tre membri dei Thee Silver Mt. Zion, Scott Gilmore ai cimbali, piano e voce, Jessica Moss al violino e voce, Thierry Amar al basso, e Gabriel Levin dei Sackville al clarinetto, chitarra e voce. Il disco, come i precedenti, si ispira alla musica degli ebrei della diaspora e attinge principalmente al klezmer e alle sue contaminazioni con le musiche popolari dell’Est europeo, del mondo arabo e dell’Asia Centrale, luoghi dove l’emigrazione ebraica ha creato un’originale cultura che ha fuso la tradizione yiddish con le culture locali. Il disco è stato anticipato a febbraio da un singolo omaggio agli abbonati della rivista di sinistra Jewish Currents. Le atmosfere sono malinconiche, una malinconia che nasce dall’oppressione e dalla persecuzione e che si percepisce già dalla prima traccia Tish Nign in un piano timido e solitario e nelle note intrise di nostalgia del violino. La seconda traccia Perpetual Peace, evidente citazione kantiana, è stata scritta da Gilmore che in yiddish canta la storia di sofferenza del bisnonno costretto a fuggire dalla Lettonia e a rifugiarsi a Montreal, le dinamiche della storia che si abbattono sulle vite degli uomini schiacciandole, una canzone nello stile drammatico degli chansonnier della Rive gauche. Il resto della scaletta è composto da rielaborazioni di brani della tradizione klezmer e altri originali scritti da Glimore, in totale cinque su nove, e che a nostro parere sono anche quelli più interessanti perché pur integrandosi nella cultura della diaspora ebraica la rielaborano in modo personale e ne riaggiornano nelle tematiche del mondo contemporaneo. Così piace e diverte l’atmosfera da danza popolare con tanto di archi e ottoni di Oysgeforn/ Bessarabian Hora e degli altri due strumentali tradizionali qui riproposti (Skotschne e Moldovan Zhok), ma coinvolgono maggiormente la struggente, dolente nostalgia di Mizrakh Mi Ma'arav con le ispirate voci di Gilmore e della Moss a cantare il dramma dei rifugiati sottolineato da un arrangiamento sommesso e minimale in cui spicca un piangente violino o di Viderkol (Echo) una ballata così intensa ed emotivamente coinvolgente che sembra essere uscita dalla penna di Leonard Cohen e alla quale il connubio delle due voci maschile e femminile dona un incredibile senso di leggiadria e leggerezza. Un ritorno quanto mai gradito questo della Black Box Orkestar che ci ricorda, attraverso una musica coinvolgente e raffinata, come i grandi eventi storici finiscano per abbattersi sulla povera gente i cui drammi individuali sono causati da scelte politiche ciniche dettate da volontà di potere.
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