Lee Ranaldo ELECTRIC TRIM
[Uscita: 15/09/2017]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
La tentazione di associare tout court il nome di Lee Ranaldo esclusivamente alla sua esperienza chitarristica con i prodi Sonic Youth è irresistibile ma, tuttavia, l’acrobata americano della sei corde è molto altro. Basti solamente rammentare che un genio della musica d’avanguardia come Glenn Branca lo volle con sé, per non accennare alla precedente esperienza artistica maturata al fianco del grande Rhys Chatham. Una carriera solistica di ottimo pregio ne completano ancor più il profilo di musicista di prim’ordine e dal tratto espressivo notevolissimo. A quattro anni di distanza dal precedente album, “Last Night On Earth”, il Nostro licenzia, per i tipi della Mute, quest’ultimo lavoro, “Electric Trim”. Un disco di ragguardevole alt-rock, ben suonato, e, soprattutto, ben concepito ab origine. In compagnia del fido batterista Steve Shelley, suo compagno d’armi nei leggendari Sonic Youth, Lee allestisce un lavoro di alto profilo, nel quale le asperità delle sue precedenti esperienze vengono decantate in una raffinata fusione di rock alternativo, folk sperimentale e psichedelia appena accennata.
I brani si susseguono sinuosi e gradevoli all’ascolto, a cominciare da Moroccan Mountains, il cui tratto folk dalle tinte appena velate da una patina di psichedelia trova compimento nell’assortimento tra voce e chitarra arpeggiata. Un ritmo più afferente ai trascorsi rock di Ranaldo risalta, invece, in Unkle Skeleton, fascinosa ballata classicamente virata verso soluzioni chitarristiche alla soda caustica, mentre il piano folk torna a riaffiorare, ad esempio, nell’intensa traccia di Last Locks che contempla la presenza, alla voce, di Sharon Van Etten. Tra le altre, tracce sonore degne di menzione ci paiono: Circular (Right As Rain), in cui empito folk e ascendenze psych si fondono in brillante simbiosi; Electric Trim, sorta di nenia sospesa tra crepuscolari richiami folk e oblique atmosfere di psichedelia ‘made in sixties’; la sontuosa ballata per voce e chitarra, degna dei migliori songwriters, di Thrown Over The Wall; la maliosa e conclusiva New Thing, a suggellare un album di ottima fattura, nel quale le varie componenti stilistiche dispiegate si armonizzano impeccabilmente.
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