Doug Tuttle DOUG TUTTLE
[Uscita: 28/01/2014]
# Consigliato da Distorsioni
Dopo la splendida ondata revivalistica degli anni ottanta, la psichedelia sembra rivivere negli ultimi due-tre anni una terza giovinezza vista la quantità di prodotti di qualità immessi sul mercato. Artisti come Jacco Gardner, Richard Hawley, Morgan Delt, i più noti Tame Impala e gli splendidi Temples stanno ridando vigore e splendore al genere. Doug Tuttle formava col socio Rachel Neveu lo splendido gruppo denonimato Mmoss, profondamente influenzato dalla psichedelia dei sixties. Due dischi per loro, il primo distribuito solo in vinile e cassetta (!) quasi a dimostrare un profondo attaccamento alle cose del passato. "Only children" del 2012 è un notevole esercizio di ballad acide con deviazioni Kraut rock, con pericolo di innamorarsi di questi due funambolici yankees del New Hampshire. Un disco da recuperare assolutamente. Doug Tuttle ha pensato di cercare gloria in solitario ed adesso esce per la Trouble in mind di Chicago - che ha in catalogo altre belle persone come i Morning Delt e lo stesso Jacco Gardner - il disco che porta il suo stesso nome. Vedi il personaggio, capelli lunghissimi da vero freak e subito ti saltano in mente quelle facce da corrieri cosmici che ci hanno regalato tante gioie 40 anni orsono. Per Tuttle quell'epoca leggendaria sembra non essere finita mai, basta far correre 3-4 pezzi dal suo disco per rendersene conto.
La stessa copertina ha tutte le caratteristiche da disco di culto della stagione più acida della musica, quei pezzi da novanta che i collezionisti si scambiano a cifre folli. A differenza dei Mmoss qui le influenze teutoniche sembrano comunque sparite e sono i primi Pink Floyd il gruppo di riferimento principale. Anche se la voce di Doug non ricorda affatto quella di Syd Barrett le sonorità ricordano molto quelle dei primi immortali capolavori floydiani. Magnifica è Turn is love sei minuti pazzeschi dove il nostro capellone infila un solo di chitarra d'altri tempi, una sorta di Neil Young sotto acido. Gli altri brani presenti hanno breve durata, due-tre minuti e sono tutte tracce che ben figurerebbero in storiche compilation come Rubble e Chocolate soup for diabetics. Where you plant your love…is where it grows, con voci filtrate, We could live, quasi byrdsiana, Lasting away, Leave your body sono tutti mirabili esercizi di neo-psichedelia. I will leave ricorda i migliori Church di Steve Kilbey mentre Better days (wool grown's lighter) chiude in maniera floydiana il disco. Artista magnifico, album consigliassimo agli appassionati del genere, una perfetta rilettura della migliore stagione della musica rock.
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