Marco Cantini SIAMO NOI QUELLI CHE ASPETTAVAMO
[Uscita: 04/04/2016]
#consigliatodadistorsioni
E' da un pò di tempo che non escono più in Italia dischi a sfondo sociale e politico, se si escludono i discutibilissimi rapper pseudo-impegnati. Il fiorentino Marco Cantini riesce miracolosamente a riallacciare il filo, abbandonato da fin troppo tempo, dell'ondata cantautoriale anni ’70 dei Claudio Lolli, Ricky Gianco, Pierangelo Bertoli e il primo Francesco Guccini (quello più incazzato), per non parlare ovviamente degli immensi Area e degli Stormy Six.
"Siamo noi quelli che aspettavamo" (mai titolo fu più veritiero) è il disco che non pensavamo più d'ascoltare dalle nostre parti, che nessuno aveva il coraggio di fare uscire. Sì perché ci vuole coraggio e sfrontatezza per realizzare un concept album di 1 ora di durata con argomenti sempre attualissimi che sono le specchio d'una generazione lontana ma mai dimenticata. Sono 15 piccole storie legate fra di loro da un filo sottile e divise in tre atti e che hanno visto la partecipazione del meglio della scena musicale fiorentina. Nessuno è voluto mancare all'appello di quello che, e lo diciamo senza paura, è il disco più importante e bello uscito in Italia dall'inizio del nuovo millennio.
Quello che colpisce già al primo ascolto è la cura maniacale degli arrangiamenti, opera dello stesso Cantini e dell'immancabile Gianfilippo Boni, davvero notevoli e ben sopra il livello medio di produzioni simili. Ma qui dentro ci sono in primo luogo i testi di Marco e gli argomenti trattati che rendono unico il disco. Per ritrovare un disco che miscelasse con tanta perizia testi impegnati e musica di questo livello dobbiamo scomodare il capolavoro di Claudio Lolli, "Ho visto anche degli zingari felici" uscito esattamente 40 anni fa (il 7 Aprile 1976), a nostro parere il miglior disco solista mai uscito dalle nostre parti. L'album di Marco Cantini non scorre a quei livelli stellari ma la proposta e le intenzioni (e invenzioni) del fiorentino sono davvero quelle giuste. Per motivi anagrafici il nostro non ha vissuto quegli anni turbolenti ma in questo disco sembra che li abbia respirati a pieni polmoni, tanti sono i riferimenti a quel periodo storico.
Ma veniamo al disco. Siamo noi quelli che aspettavamo è in pratica la storia di un professore precario del nostro tempo che fa un sogno bellissimo. Si ritrova nella Bologna del 1977, protagonista e spettatore degli avvenimenti che resero quell'epoca, a suo modo, irripetibile. Ad accompagnare Marco Cantini in questa lunga avventura ci sono oltre a Gianfilippo Boni alle tastiere, il bravo Lorenzo Forti al basso, Fabrizio Morganti alla batteria, Gabriele Savarese al violino e lo strepitoso Claudio Giovagnoli che col suo sax rende indimenticabili molti momenti del disco, così come aveva fatto Danilo Tomasetta nel disco di Lolli del ‘76. Ma non sono i soli ospiti qui presenti, gli altri ve li presenteremo strada facendo. Non resta che iniziare questa lunga avventura.
Stock 84 è una ballata amara che ci introduce alla Bologna messa sotto assedio dai carri armati di Cossiga, 11 Marzo 1977 (manco fossimo a Praga) con i conseguenti scontri che portarono all'uccisione del militante di Lotta Continua Francesco Lorusso. Movimenti studenteschi al capolinea ma pure eroina e teoria del complotto sono presenti in Dopo la rivoluzione, dove si parla anche dell'emancipazione della classe operaria, di sesso e punk rock, tutta roba del ‘77. Qui la voce femminile è della brava Silvia Conti, molto nota nell'ambiente musicale e teatrale fiorentino.
Realmente drammatica è Tranches de vie, Paolo Amulfi alla chitarra, racconto non troppo velato d'una gioventù che molto spesso fuggiva dai problemi del mondo rifugiandosi nell'eroina che negli anni settanta dettava tristemente legge. Molto toccanti e sentite le dediche per due dei più grandi fumettisti italiani di sempre, Stefano Tamburini e Andrea Pazienza, che fondarono la rivista Cannibale e collaborarono insieme per far nascere Frigidaire (1980). Il primo viene omaggiato, con gli altri fumettisti in Cinque ragazzi, con importanti ospiti come Luca Lenzi della Casa del Vento ed Erriquez della Bandabardò alle voci che rendono il brano molto simile a quello della nota formazione fiorentina. Il secondo ha una dedica più intimista e toccante in Pazienza, che parla dell'esilio a Montepulciano del grande pittore e fumettista tornato dal Brasile e che in breve tempo lo condusse alla morte, avvolto dalle spirali della droga ("anfetaminico umore"). La chitarra acustica qui è di Maurizio Geri, il bel video in bianco e nero ha visto coinvolto anche Sergio Staino.
Fra i momenti più belli del disco impossibile non citare Technicolor, storia non troppo nascosta del caimano di Arcore e degli abusi di potere, dove ritroviamo Paolo Amulfi alle chitarre, la brava Giorgia Del Mese che dà il suo prezioso contributo vocale in aggiunta al violino di Francesco Moneti (Modena City Ramblers) e al sorprendente organo hammond di Lele Fontana.
Altre toccanti dediche arrivano per Pier Vittorio Tondelli, quello di “Altri libertini” in Soffia profondo dove il bravo Max Larocca presta la sua inconfondibile voce e per la straordinaria Frida Kahlo, in L'esilio, dove è Letizia Fuochi la chanteuse scelta da Cantini. Ma non è finita qui. Vita e morte di Federico F. è un sentito omaggio al grande regista riminese, qui c'è ancora Silvia Conti e Bernardo Baglioni alla chitarra acustica che hanno risposto all'appello. Maurizio Geri alla chitarra classica e Marco Cantini se la giocano in solitaria per Cafè de la terrasse e Fuori dal sogno, che ci conducono verso la conclusione del disco siglata dal Preludio all'addio e In partenza con il nostro professore bolognese che mestamente abbandona, una volta viste cadute e perse tutte le sue speranze.
Il disco (quasi un'ora) finisce qui, ma le emozioni e i brividi che ci ha regalato ci accompagneranno ad ogni nuovo ascolto. Siamo noi quelli che aspettavamo ha il pregio di farci tornare a un passato che chiunque abbia una coscienza civile e politica non può aver dimenticato, all'ultimo periodo storico in cui abbiamo davvero sentito che anche in Italia poteva accadere qualcosa. Un grazie infinito a Marco Cantini per farci rivivere emozioni che pensavamo perdute per sempre. Un disco unico e prezioso, custoditelo con gioia ma condividetelo con chi vi sta intorno, non lasciate che opere simili rimangano inascoltate.
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