Autumn CHANDELIER
[Uscita: 23/03/2018]
Stati Uniti
Dopo un silenzio di quasi due decenni (l'ultimo atto ufficiale “Return to the Breath” risale esattamente al 2000) il combo d'oltreoceano degli Autumn si riaffaccia sulla scena rilasciando l'inedito full-length “Chandelier” distribuito dalla label Sett Records e anticipato nel novembre scorso dal singolo The Fall. Reduce da un apprezzato tour al fianco degli olandesi Clan of Xymox, la formazione di Minneapolis sembra palesare un rinnovato stato di grazia che trova compimento nella pubblicazione di questo personale terzo atto discografico prodotto da William Faith (lo stesso dell'album d'esordio “The Hating Tree” del 1996). Sin dagli albori del progetto Julie Plante (voce), Jeff Leyda (basso) e Neil McKay (chitarre) non hanno mai fatto segreto della loro viscerale attrazione per il tipico sound decadente ed ipnotico dello scenario post-punk inglese di inizio anni ottanta, andando di volta in volta a ricomporre all'interno delle proprie elucubrazioni artistiche gli stilemi cari ai gruppi storici dell'epoca.
Chandelier non si sottrae a tale primordiale vocazione della band anche se, a onor del vero, nel bel mezzo di orditi caratterizzati da un inquieto romanticismo non siano disdegnate lievi incursioni verso atmosfere più fulgide di matrice synth-pop. La sofferta interpretazione rock-operistica della Plante appare da subito il valore aggiunto del progetto riportando alla memoria le vorticose gesta dell'iconica banshee Siouxie Sioux; infallibilmente ossessive e circolari le pulsazioni del basso si amalgamo a dilatati riverberi di chitarra tratteggiando i fumosi contorni di una scaletta all'interno della quale meritano una particolare attenzione - oltre al singolo apripista - Shadow Girl 2, White Light, Soulsong e Just Before the Storm, raffinato interplay tra l'eterea timbrica della bionda vocalist ed i rintocchi sospesi del pianoforte.
Alfieri moderni del goth-rock, i 'recuperati' Autumn gettano sul tavolo una proposta musicalmente convincente con la disinvoltura tipica di chi è consapevole di conoscere perfettamente l'argomento sul quale sta per essere interrogato. La band prende in prestito risonanze e impressioni dal passato e le converte abilmente in odierne emozioni. Durante l'ascolto di “Chandelier” non sarà difficile immaginare la brava Julie e i talentuosi compari esibirsi in uno dei quei brumosi club d'oltremanica che furono teatro, una quarantina di anni fa, delle scorribande di Peter Murphy o Robert Smith. Il rovescio nostalgico di un gradito (e inatteso) ritorno.
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