Terry Allen BOTTOM OF THE WORLD
[Uscita: 22/01/2013]
In un periodo di grandi ritorni quello di Terry Allen da Wichita, Kansas, è sicuramente fra quelli che farà meno rumore, quantomeno da noi europei. Un artista che ha passato gran parte della sua carriera - a maggio saranno 70 anni pure per lui - nell'amato Texas, a Lubbock. Un personaggio a tratti schivo, sempre lontano dalle grandi platee e dai palcoscenici più importanti. La sua stessa produzione discografica dal 1975, con l'esordio di “Juarez” fino a quest'ultimo "Bottom of the world" è talmente diradata da pensare ad un tipo ben lontano dallo show biz musicale e dalle pressioni dei mass media e delle etichette discografiche. Accanto a lui negli anni settanta conobbero effimera notorietà altri magnifici interpreti come Joe Ely, Paul Siebel, Guy Clark e Butch Hancock, quest'ultimo nativo proprio di Lubbock. Solo 11 albums per Allen in quasi 40 anni di oscura carriera, con vetta assoluta nel capolavoro "Lubbock (on everything)" (1979) dal titolo programmatico e sentito omaggio alla sua amata terra. Un disco strepitoso che pochi conoscono, e parlo di noi italiani, al tempo però la stampa di settore ne aveva tessuto le lodi in maniera sperticata. E lo incensarono a ragione perché se il genere alternative country, il solito neologismo di dubbio gusto, ha ragione di esistere, lo deve a dischi come questo. Un disco che non portò successo alcuno a Terry ma solo la stima dei soliti informatissimi addetti ai lavori. Altri ottimi dischi per lui, “Smokin the dummy” (1980) “Bloodlines” (1983), riuniti dalla Sugarhill in un unico cd, recuperatelo, ed altre cose nei novanta fino al silenzio con l'avvento del nuovo secolo. Da considerare che Allen oltre che fine compositore è pure un pittore molto stimato dalle sue parti al punto che molte opere sono esposte nei principali musei americani. Come dire che se le soddisfazioni non sono arrivate con la musica un' altra forma d'arte può essere il naturale toccasana a parziale risarcimento.
Questo ultimo lavoro "Bottom of the World" ce lo restituisce in ottima forma, la lunga inattività non ha assolutamente arrugginito le corde vocali del nostro texano, adottivo, e per quanto riguarda le canzoni sono 11 songs di livello medio alto. E' un vero tuffo al cuore la slide nell'iniziale Four corners, un ripescaggio dal suo esordio "Juarez" (1975), di rilievo Do they dream of hell in heaven e lo slow di Hold on to the house dove si respira odore di Texas e di interminabili bevute in qualche bar malfamato. Sapori d'altri tempi per un personaggio fuori dal tempo e dalle mode. Come definire infatti l'accordion che inaugura Angels of the wind o che ascoltiamo anche nella bella Emergency human blood courier. Deliziosa The gift, quasi un reading con controcanti femminili e belle le slow ballads che sanno tanto del Bruce Springsteen all'esordio, Sidekick anthem, Covenant e Queenie's song, quest'ultima scritta con il grande Guy Clark. Dopo 14 anni Terry Allen è sceso di nuovo in mezzo a noi per deliziarci con un disco che avrebbe ben figurato nella sua porzione discografica degli ottanta visto che sia la registrazione che le atmosfere sono le stesse di trenta anni prima. Un disco consigliato anche alle migliaia di giovani appassionati di indie folk che Terry Allen non sanno nemmeno chi sia, ma che hanno con questo "Bottom of the world" la possibilità di rimettersi in pari.
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