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26 Maggio 2012 ,

Twoas4 AUDREY IN PAIN ENGLISH

2011 - Autoproduzione

audreyNon bisognerebbe giudicare un disco dal packaging, dagli inserti, dalla copertina o dal formato, eppure a volte capita di trovarsi di fronte prodotti così splendidamente confezionati che inducono il “consumatore” a desiderarli senza aver una minima idea di cosa sia stato inciso nel cd. Possiamo dire con sicurezza che nell'ambito underground questa pratica è molto diffusa, ed a mio parere è un bene, lunga vita alla personalizzazione del packaging ed alle tirature limitate, purchè all'interno ci sia “vino” buono, s'intende. Twoas4, alias Oscar Corsetti e Alan Schiaretti hanno puntato molto sulla presentazione “fisica” del loro esordio e devo dire che hanno fatto centro. All'interno di una busta da lettere in cartoncino con stampato il nome della band possiamo trovare un libricino con stampato un piccolo “romanzo” che è il concept su cui poggiano le basi le tracks del disco, inoltre è incluso nella confezione un booklet di disegni a carboncino, e la custodia dove alberga il cd è corredata da foto stampate su carta carbone, veramente un bel lavoro, complimenti! 

 

Ora possiamo addentrarci tra le maglie digitali dell'opera. Il disco è un manifesto indie-rock veramente ben eseguito, l'ispirazione di Corsetti e Schiaretti sono incanalate in un tunnel fatto di riff e percussioni presi in prestito da band seminali quali Sonic Youth, Marlene Kuntz, Blonde Redhead. Sebbene nelle note di rassegna stampa si dica che il disco sia un “live concept album”, risalta alle orecchie un evidente e ben eseguito lavoro di missaggio e produzione che smussa gli spigoli del disco (dove spicca la mano sapiente di Paolo Mauri), alzando la qualità della registrazione ma ahimè diminuendo la ruvidezza propria di un opera guidata dall'istinto e dall'improvvisazione, il tutto sembra ben studiato a tavolino, e se non è così questa è l'impressione che trasmette. Sicuramente studiato è il titolo di questo disco: “Audrey in pain english”, dove “pain english” è un eufemismo riguardo al livello della pronuncia e sintassi inglese del vocalist. Il disco è cantato male, l'unica track che si salva è Simplicity (solo la linea vocale femminile), il resto è imbarazzante, e ciò dispiace perchè il disco è veramente ben suonato.

 

Non basta dichiararlo, sarebbe troppo facile (e troppo paraculo), ma il cantato mediocre non può essere una scelta stilistica (anche i brani in madrelingua sono cantati male), il punk ci ha abituato a tutti i tipi di cantanti possibili, ma ognuno, anche il peggiore, aveva una personalità ed uno stile che andava oltre il puro senso di sgradevolezza o amatorialità. Ottime le linee di basso e le chitarre, se dovessi scegliere il mio pezzo preferito del disco direi So Captured, che si risolve in un finale veramente travolgente in perfetto stile Pixies. Il giudizio complessivo è positivo, soprattutto perchè il prodotto sebbene mutui un sound molto sputtanato (mi spiace ma non mi viene altra definizione) trabocca di genuinità ed ispirazione, peccato per il “pain english”, ma anche i migliori a volte toppano, bisogna avere l'umiltà di riconoscere i propri limiti o almeno di sfruttarli in maniera creativa/produttiva, ma certamente non in questo modo. Sono sicuro che sentiremo presto parlare dei Twoas4, ma dovrebbero prima bagnare i loro panni nel Tamigi per un po' di tempo.

 

Nick Zurlo

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