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18 Aprile 2016 , , ,

PJ Harvey THE HOPE SIX DEMOLITION PROJECT

2016 - Island Records
[Uscita: 15/04/2016]

Inghilterra  #consigliatodadistorsioni     

 

hopeI viaggi non sono tutti uguali. In alcuni luoghi si incontrano sguardi e facce che ti rimangono addosso come l'inchiostro di un vecchio tatuaggio e che devi necessariamente condividere con gli altri in forma di poesia, di immagini o di musica. “The Hope Six Demolition Project” nasce come resoconto di un viaggio che Polly Jean Harvey ha fatto nei territori martoriati del Kosovo, dell'Afghanistan, oltreché a Washington D.C. insieme al fotografo Seamus Murphy con il quale ha collaborato al libro “The hollow of the hand”. Durante il viaggio Polly Jean ha scritto le canzoni che sono state successivamente registrate all'interno del ‘Recording in Progress’ studio a Londra, una istallazione di arte visuale costituita da un grande cubo insonorizzato con le pareti trasparenti, che ha consentito al pubblico di assistere al materializzarsi del processo creativo. The Hope Six Demolition Project ha la medesima valenza politica del precedente “Let England Shake” in cui Polly raccontava storie di guerre senza tempo, le stesse che continuano ancora oggi a macchiare di sangue la terra su cui si intravedono i segni del passaggio di un'umanità fantasma. 

 

Durante un giro a Washington viene mostrato a Polly Jean il quartiere denominato ‘Hope Six’, coinvolto in un progetto di demolizione di case popolari, dopo lo sloggio di parecchie famiglie che vi abitavano, per fare spazio alla costruzione di un supermercato. Da lì nasce l'intuizione del titolo di un album che conferma una scrittura centrata sulla denuncia e harveysull'analisi delle contraddizioni di una società incancrenita dalla supremazia degli interessi economici, arrivando alla fine a sovrapporre i volti delle famiglie americane sfrattate con quelli dei kosovari o afghani in fuga dalle guerre.

PJ Harvey, che suona nel disco qui e là sorprendentemente anche il sax (in bella evidenza in The Ministry of Social Affairs e Dollar Dollar), è riuscita nel suo intento, restituendoci canzoni che sono un crocevia tra rock, blues e folk, realizzando qualcosa che si avvicina molto ad una sorta di gospel laico, grazie a un uso importante di una sezione di fiati, tra cui compare anche Enrico Gabrielli (Calibro 35, The Winstons). 

La voce è quella di sempre, suadente e dalle modulazioni magnetiche, che fa il paio con un suono deprivato delle spigolosità del passato, ma solido ed intenso grazie alla produzione di Flood e John Parish. L'album inizia con The Community of Hope dedicata alla periferia e alla vita che vi pullula dentro, mentre la successiva The Ministry of Defence è un canto accorato accompagnato dallo stomp di una chitarra sferragliante che scandisce un soul postmoderno che si abbandona ad una deriva free jazz. 

 

pj-harvey.w1200.h630In A Line in The Sand Polly sfodera un falsetto che si adagia mirabilmente sui fiati, in una armonia che ha il sapore di una litania balcanica, River Anacostia possiede l'armonia di un canto di chiesa con un maestoso crescendo che mette i brividi. Dopo la marcetta di Medicinals si approda prima al blues di The Ministry of Social Affairs, che ha la stessa teatralità nera di Nick Cave, e poi a The Wheel, brano dal mood stonesiano in cui riconosciamo tutta l'attitudine da rocker della Harvey. L'album si p03jxts1chiude con la malinconia di Dollar, Dollar e le voci di bambini per strada registrate chissà dove. The Hope Six Demolition Project è un album di grande intensità e spessore artistico che canta senza retorica la guerra di chi ha già perso in partenza e quella che ciascuno di noi combatte ogni giorno. Da ascoltare e riascoltare.  

 

Guarda il Trailer di The Hope Six Demolition Project  

 

Voto: 8/10
Giuseppe Rapisarda

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