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7 Maggio 2013

Deep Purple NOW WHAT?!

2013 - Edel Records
[Uscita: 30/04/2013]

deep PurpleSi riponga nella teca della leggenda del rock la memoria di dischi quali: "In Rock”, “Machine Head”. Solo così si può avere il giusto approccio al diciannovesimo album in studio dei Deep Purple, in pieno ventunesimo secolo e dopo ben quarantacinque anni di onoratissima carriera. Si passi poi a considerare che lo splendido Jon Lord ha abbandonato quest’oscura valle lo scorso anno (a lui è dedicato il disco), e che il puntuto, pirotecnico Blackmore, perso nei suoi arditi studi di musiche di pretta ascendenza celtica, non vuol sentir menzionare neppur per idea il rapsodo Ian Gillan, e il cerchio può dirsi compiuto. Un altro gruppo, invero. E allora si parta da qui, procedendo alla delibazione accurata di quest’ultimo affresco sonoro dei Purple, dipanantesi in una dozzina di variegati frammenti musicali di sorprendente freschezza: “Now What?!” esce otto anni dopo il pur ottimo “Rapture Of The Deep” (2005).

 

Ian Gillan alla voce, Steve Morse alla chitarra, Don Airey alle tastiere, Roger Glover al basso, Ian Paice alla batteria. A Simple Song preludia all’insieme con tocchi di liquida atmosfera chitarristica, tarsiata dalla voce di Gillan classicamente impostata sui toni della ballata, prima di innervarsi sull’albero fogliuto del rock più autentico, cui fa da adeguato tappeto sonoro il flusso delle tastiere del bravo Airey. Weirdistan s’innalza da subito verso un virtuoso connubio tra classicismo rock e innovazione stilistica, con il buon Airey che maramaldeggia bellamente alle tastiere con tocchi di sapienziale space-rock, e la chitarra di Morse che tesse trame incendiarie tra una nota e l’altra, mentre l’aurea sezione ritmicadeep purple 2013 dei titanici Glover e Paice rifulge della già copiosamente sperimentata chiarità percussiva. Il riff granitico della sei corde s’impone sin dall’incipit anche in Out Of Hand, brano, questo sì, che pare discendere per diretta filiazione dal gruppo che ha trascinato all’entusiasmo folle planetarie nei lustri scorsi.

 

La voce di Gillan tiene il punto con classe, sebbene sia, ovviamente, segnata dal peso della gloria e degli anni, con quella perdita ineluttabile di potenza, soprattutto in ordine al dispiegarsi dei toni acuti, facilmente preconizzabile. Variegato disco, si diceva. Hard rock, tendenza al suono progressivo, soffi augusti di blues aleggianti come brezza tra le note, ballate in stile folk, qua e là: il tutto sapientemente amalgamato, tasselli policromatici  di un mosaico che prodigiosamente si compone in folgoranti figure di ottima fattura musicale. Molti i brani che meriterebbero ulteriore e approfondita analisi, tuttavia, per ovvia economia di spazi, si citeranno, tra tutte, tracce quali Blood From A Stone, dal nobile respiro blues, chitarra, tastiere e voce modulate in un fraseggio efficacissimo e dai toni allusivi ad un’immaginaria luce da tardo crepuscolo. Di  ‘sentimento’ progressive pare essere impregnata la sontuosa Uncommon Man, mentre a far da epicedio, prima della bonus deep-purple-imagetrack It’ll Be Me, è la nitida trama di Vincent Price, omaggio all’incommensurabile attore britannico, la quale si dipana con un iniziale solenne incedere dell’organo Bach-ianamente virato, prima di rientrare nel giusto alveo del migliore rock anni Settanta.  Infine: un album che coniuga mezzo secolo di rock in tutte le sue polimorfiche declinazioni, con classe, con consumato mestiere, con uno sguardo rivolto inevitabilmente al passato ma anche alle nuove tendenze musicali effuse tutt’intorno all’orbe terracqueo. Per tutti coloro i cui piedi poggiano flaianamente  sulle nuvole: i Purple sono tornati. 

Voto: 7.5 /10
Rocco Sapuppo

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