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27 Gennaio 2014 ,

Pontiak INNOCENCE

2014 - Thrill Jockey
[Uscita: 28/01/2014]

pontiak# Consigliato da Distorsioni

 

Tra le note di copertina del precedente “Echo Ono”, album targato 2012, i Pontiak avevano inserito  una richiesta all’ascoltatore: “Please, Listen At Full Volume”. Bene, vi consigliamo di alzare al massimo la rotella del volume anche nell’ascolto del nuovo “Innocence”, dal momento che non vengono abbandonati i loro marchi di fabbrica, impeto elegante e schitarrate veementi e travolgenti. Questo ultimo lavoro è un’evidente evoluzione del precedente: pur mantenendo saldamente dei punti di contatto, lo stile muta decisamente. Ma andiamo con ordine. I tre barbuti hanno lavorato a questo disco nella loro fattoria in Virginia e lì lo hanno registrato. L’etichetta, la  Thrill Jockey, è la stessa che ha pubblicato il primo e finora unico singolo omonimo, ed “Echo Ono”. A sentir loro, fin dall’inizio del progetto si erano prefissi di essere più incisivi (ancor di più? Più del capolavoro di “Echo Ono”, Left With Lights? Si, e ci sono riusciti) e di curare maggiormente testi e liriche. Ciò vuol dire abbandonare le lente e lunghe elucubrazioni alla Panoptica, per capirci. E visto il risultato, possiamo gioire per come l’evoluzione sia riuscita.

 

Le basi da cui muovere sono rimaste le stesse: blues rock violento, una psichedelia grezza e vibrante e un approccio tipicamente garage. Però, sin dall’inizio è chiaro come nei brani più duri si facciano largo elementi tipici dello stoner alla Queens Of The Stone Age (il riff di Innocence non mente) e del garage più crudo alla Stooges (l’incipit di Lack Lustre Rush). Così, il trittico d’apertura (Innocence, Lack Lustre Rush, Ghosts) irrigidisce i suoni, guadagnando in incisività e in energia, ma senza eccedere di una nota,pontiak dimostrando che la scrittura rimane su livelli molto alti. Può spiazzare un po’, sì, una partenza simile; ma con più attenzione si riconosce chiaramente la mano dei Pontiak: innanzitutto le ritmiche martellanti sono deliziose come quelle a cui ci hanno sempre abituato, poi le liriche sanno essere evocative e trascinanti come il miglior Van Carney sa fare, per non parlare delle chitarre, raffinate e aggressive come poche. Dicevamo sopra della cura ai testi: un secondo trittico di brani (It’s The Greatest, Noble Heads, Wildfires) rivela tutta l’anima acustica dei fratelli Carney, coniugandola ad un songwriting maturo ed efficace. Van imbraccia la chitarra e, accompagnato da un basso essenziale e una batteria pratica, racconta le sue storie. Storie che spaziano dall’autobiografia alla creazione pura, che parlano di giornate sotto il sole cocente della Virginia e di ubriacature beate.

 

Qui l’album cala sotto il profilo dell’intensità e della carica, ma non per questo è meno espressivo: le tastiere ovattate di Jennings che aprono It’s The Greatest donano un’atmosfera sognante interrotta solo da sprazzi elettrici chirurgici; le due tracce che seguono si basano sulla chitarra acustica, ma grazie ad una scrittura deliziosa, riescono entrambe ad essere profonde e calde come solo il songwriting più esperto riesce a fare. Finita la pausa si torna a picchiare sui tamburi e a sparare le distorsioni al massimo. I tre pontiakamericani hanno sempre rifiutato di essere incasellati in una determinata scena musicale, ma, se sfruttiamo le affinità sonore, li possiamo inserire nella scena psych rock della East Coast, definendoli una via di mezzo tra Dead Meadow e Black Angels, con una marcata venatura blues (come, dopo aver scollinato, confermano Surrounded By Diamonds e Shining, che uniscono sapientemente riff blues alla psichedelia garage). Residui acustici pronti all’esplosione (la ballata Darkness Is Coming) e hard-core spaziale (le taglienti Being Of The Rarest e We’ve Got It Wrong) si spartiscono i brani finali, mentre si cominciano già a tirare le somme dell’ascolto di “Innocence”. “Echo Ono” non avrebbe potuto aspirare ad un seguito migliore: la formula cambia, ma gli esiti rimangono gli stessi. Più incisivi sì, narratori pure. Ma sempre brillanti come i migliori Pontiak.

 

Voto: 8/10
Simone Pilotti

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