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17 Giugno 2017 , ,

Ifriqiyya Electrique RÛWÂHÎNE

2017 - Glitterbeat Records
[Uscita: 26/05/2017]

Tunisia-Francia-Italia     #consigliatodadistorsioni

 

«Il mio lavoro è guidato verso l'altitudine, il sudore, il sangue, la poesia e le lacrime - non verso una bella cartolina di colore». Sono parole di François R. Cambuzat, uno dei protagonisti di questo complesso lavoro. Insieme alla bassista Gianna Greco hanno infatti dato vita a questo incontro fra alcuni menbri della comnità Banga del deserto del Sud della Tunisia e la loro musica post indutrial. Il rito Banga ha cadenza annuale e si svolge nelle oasi abitate da popolazioni discendenti dagli schiavi giunti dall'Africa subsahariana, attraverso la musica e i suoi rituali di adorcismo si vogliono accogliere, evocare gli spiriti, i demoni, proprio all'opposto di quanto si propone l'esorcismo. Quindi trance, abbandono, possessione secondo una tradizione che ha illustri e celebri precedenti per esempio nei riti dionisiaci dell'antica Gracia. Riti che secondo Nietzsche, proprio perché fondati non sul logo, ma sull'irrazionalità conducono alla verità. I video e i documentari a nome Ifriqiyya Electrique possono ben dare un'idea dei rituali e della forza prepotente che promana nel corso di queste cerimonie, da vedere assolutamente il video che trovate qui in basso a destra e che accompagna anche le performance dal vivo del collettivo.

 

Hanno trascorso diversi mesi a Djerib nel deserto tunisino François R. Cambuzat (chitara, voce e computer) e Gianna Greco ( Basso, voce e computer) che in questo progetto affiancano tre membri della comunità Banga: Tarek Sultan, Yahia Chouchen e Youssef Ghazala alle voci, tabla e tchektchekas. Il risultato è una musica di rara potenza e animata da un'oscura e misteriosa forza ancestrale, percussioni ipnotiche e cavernose impattano con le sonorità impetuose e travolgenti delle chitarre e dell'elettronica e su un basso dal suono pieno e dalla ritmica ossessiva. E poi ci sono le voci, un canto che è figlio del deserto e di riti tribali, ma che è parente stretto delle voci che percorrono le strade del Mediterraneo, le voci che si levano in un mercato di Palermo, in un vicolo di Algeri, in un bazaar di Istanbul, nel porto di Napoli o di Alessandria. Non quindi un progetto di etnomusicologia che si 'limita' a registrare suoni e musiche provenienti da angoli periferici del mondo, ma un incontro fra dimensioni lontanissime, la tradizione di un piccolo gruppo etnico e le musiche radicali e tecnologiche di musicisti e agitatori contemporanei. Ma obiettivo pienamente raggiunto, le musiche hanno un impatto fisico fortissimo e travolgente, il suo forte potere ipnotico di condurci in una dimensione altra la fa essere contemporaneamente un rituale ancestrale, tribale e un baccanale techno d'avanguradia.

Voto: 7,5/10
Ignazio Gulotta

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