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30 Settembre 2014 ,

Pere Ubu CARNIVAL OF SOULS

2014
[Uscita: 08/09/2014]

USA                                                                                                      # Consigliato da Distorsioni  

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La buona notizia per gli affezionati followers dei bollettini catastrofici dell'inossidabile creatura di David Thomas (from Cleveland, Ohio), è che anche in questo nuovo "Carnival Of Souls", come nel precedente "Lady from Shangai”  (2013, solo un anno fa) c'è una novella 30 Seconds Over Tokyo, ed è Road  to Utah. Più sobria e conciliante di quella del 2013 (414 Seconds), quasi  in odore di qualche vecchia vintage 007-soundtrack; del resto il disco è stato pensato e realizzato quale colonna sonora a posteriori del mitico omonimo horror b-movie. Non solo: il vecchio e stanco Thomas e la formidabile line-up che lo accompagna ormai da tempo, tentano la mission impossible di riverniciare l'abrasiva 'danza moderna' che diede la stura alla loro saga nel lontano 1978 (Golden Surf II, Bus Station, Drag the River). L'esito non fa affatto gridare al tradimento, anzi spesso esalta. E' matematico affermare che un inevitabile e prevedibile manierismo si affacci in questi lavori dei Pere Ubu di terzo millennio.  

 

Nondimeno l'ansia sperimentale, la voglia di osare (Dr. Faustus) anche in questo nuovo disco non vengono meno, interferendo con un'acquisita, datata predisposizione pop. Ciò che non si può trovare manco con il lanternino nella media della sterminata, anonima mole di uscite internazionali. A rendere più fluido Carnival Of Souls del più macchinoso Lady from Shangai un pronunciato e perverso mood crepuscolare (Vision of the Moon, Carnival), ectoplasma diretto delle perfide tastiere di Robert Wheeler e Gagarin. Tutto è sublimato nella tensione strumentalepere ubu sotterranea dei dodici minuti e passa della finale Brother Ray, capolavoro con sugli scudi le corde quasi blues di Keith Moliné; e Thomas riesuma le affabulazioni enigmatiche dei suoi lavori solisti anni '80 più ermetici ("More Places Forever", "Monster Walks the Winter Lake", "Blame the Messenger"). In questo quadro l'idilliaco - almeno in apparenza - primo singolo tratto dall'album (Irene) è quantomeno inopportuno, un goffo tentativo di stemperare il generale mood nichilista dell'album. Una patetica, non autografa, rivendicazione d'antan di amore riemersa dall'inconscio di un affaticato, rassegnato David sessantenne (...i put a spell on you, because you're mine).

 

Voto: 7.5/10
Pasquale Wally Boffoli

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