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21 Aprile 2016 ,

Terry Lee Hale BOUND, CHAINED, FETTERED

2016
[Uscita: 08/04/2016]

 Stati Uniti  #consigliatodadistorsioni   

 

terry-lee-hale-couv-585Quando puoi dire di trovarti davanti a un gran bel disco? Fondamentalmente quando si registra quella magia data dal fatto che ogni nota, ogni verso cantato ti fanno sentire quella meravigliosa sensazione di essere davanti a uno che ti sta parlando della vita nelle sue molteplici sfaccettature, quando la musica risuona di una vita vissuta intensamente con ardore e passione.  E allora basterebbe l'iniziale title-track  “Bound, Chained, Fettered” a fare del nuovo disco di Terry Lee Hale una di quelle opere che ti segnano nel profondo: il suo incedere calmo e indolente, quello scandire con voce calda una sequela di frasi, tanto brevi quanto efficaci, quasi in spoken words, uniti agli asciutti ed essenziali arrangiamenti rendono davvero indimenticabile questa canzone.

Terry Lee Hale, texano di nascita poi stabilitosi a Seattle negli anni Ottanta, oggi vive in Europa, e precisamente a Marsiglia, e questo suo ultimo lavoro, che giunge a tre anni dal precedente “The Long Draw”, lo ha registrato a Forlì sotto la produzione di Antonio Gramentieri, che suona anche la chitarra e la lap steel, e con la partecipazione fra gli altri di musicisti del giro Sacri Cuori: Christian Ravaglioli alle tastiere, Diego Sapignoli alle percussioni, Franco Neddei ai synth. Incontro perfettamente riuscito, infatti la sobrietà e l'asciuttezza dei suoni e della produzione si accordano con l'austera semplicità della musica di Hale che mira dritta al cuore delle emozioni e dei sentimenti.

 

Terry Lee Hall PirlouiiiitIl pregio maggiore degli arrangiamenti e dei contributi dei vari strumenti (oltre ai citati appaiono anche il sax, il clarinetto basso, l'armonica, il mellotron) è però quello di creare la tessitura sonora ideale per quella che è la principale protagonista del disco: la voce emozionante ed evocativa di Hale.

L'ottimo lavoro svolto anche in sede di missaggio dà al suono una nitidezza e una corposità tali da riempire completamente l'ambiente; si finisce per essere felicemente immersi nelle atmosfere al contempo intense e chiaroscurali di una musica che trae linfa dalle radici del Sud, dalla tradizione di solitari, vagabondi e anarchici songwriters. Nove brani, tutti scritti da un Hale ispiratissimo e in tlhgran forma, che disegnano un complesso paesaggio dell'anima dove la tristezza di fondo e la malinconia, la solitudine e il ricordo, l'attesa e la noia, la gioia e l'amarezza, in altre parole la vita stessa diventano materia vivente della musica. Della meravigliosa canzone che dà il titolo al disco si è detto, altri vertici sono la malinconica e struggente Acorns, l'intensa nostalgia di Jawbone, il blues scarnificato di Reminiscent e The Lowdown (molto Tom Waits), la commovente Signed Blue Angel la cui atmosfera di intima e delicata magia è esaltata dalla lap steel e dal clarinetto basso, Can't Get Back  dove le sonorità Sacri Cuori, un po' desert, un po' balera si sposano magnificamente con la melodia.

Voto: 8/10
Ignazio Gulotta

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