Peter Green & Fleetwood Mac Alienazione Blues
I N T R O
Tra i musicisti blues inglesi c'è n'è uno che da sempre affascina e emoziona particolarmente, per il suo mood chitarristico trascinante, lirico, scintillante e tecnicamente sontuoso, per il suo cantare saturo di black feeling ed interpretare il blues con una spiccata originalità, sino al comporre brani caratterizzati da una sorta di vena mistica molto particolari e unici nel loro genere, ma anche per la sua particolare e drammatica storia personale. Lui è Peter Greenbaum, più noto come Peter Green, uno dei chitarristi top del periodo d'oro del Blues revival inglese o British Blues degli anni '60. E' stato uno con una vita complicata da reiterati abusi di stupefacenti e da conseguenti sindromi psichiatriche che l'hanno allontanato per molto tempo dalle scene del rock blues, dalla registrazione di nuovi lavori discografici (dopo i classici dei sixties di cui fu un protagonista) ma anche da un business musicale spietato che ha sempre richiesto ai musicisti di piegarsi al commerciale, al modaiolo per mantenere un successo di vendite e un ruolo da rockstar. Peter Green è uno di quei personaggi antitetici a quel modo di pensare, con pochi altri, pensiamo al Kevin Coyne ometto panciuto con le sue tutine da working class ma anche al Rory Gallagher con le sue eterne camicie a quadri. Green è sempre stato estraneo a quel mondo glam che con la fine dei '70 divenne la scena principale del rock, con tutti i suoi eccessi, compromessi e spesso con della pessima musica. Per la cronaca la rivista Rolling Stone lo situa al n.38 tra i migliori 100 chitarristi della storia del rock e il magazine Guitar Player tra i primi 50.
Gli Esordi
Nativo del quartiere londinese di Bethnal Green, nel 1946, iniziò da giovanissimo suonando il basso in una teen band chiamata Bobby Dennis and the Dominoes, repertorio a base di cover di quelli che erano i dominatori della scena dei primissimi '60, idoli dei giovani dell'epoca (Hank Marvin, The Shadows). Suonò poi con altre band, The Trident e The Muskrats; nel 1966 entrò come lead guitar nei Peter Barden's Looners, band professionale capitanata dal tastierista Peter Bardens (in seguito leader della prog band Camel); qui conobbe un giovane batterista, altissimo e magrissimo, Mike Fleetwood, con i Looners ebbe la prima esperienza in studio registrando il singolo If you wanna be happy, B side Jodrell Blues. Dopo tre mesi con questa band ebbe l'occasione di ascoltare live i Bluesbreakers con Eric Clapton; poco dopo John Mayall, che come talent scout non fu mai secondo a nessuno, cooptò Peter Green nella sua band. Le parole intercorse tra Mayall e il boss della Blue Horizon, Mike Vernon sono come una iscrizione egizia impressa nella pietra, eterne: “Mentre la band entrava in studio, notai un amplificatore che non avevo mai visto prima, così dissi a John Mayall "Dov'è Eric Clapton?" - Mayall ha risposto: "Non è più con noi, ci ha lasciato qualche settimana fa". Ero in uno stato di shock, ma Mayall ha detto: "Non ti preoccupare, abbiamo qualcuno migliore". Dissi: "Aspetta un momento, aspetta un attimo, è ridicolo, hai qualcuno migliore di Eric Clapton?" John disse: "Potrebbe non essere migliore ora, ma tu aspetta, tra un paio d'anni sarà il migliore”, poi mi presentò a Peter Green“.
Con John Mayall Bluesbreakers: "A Hard Road"
Negli studi Decca di West Hampstead, tra ottobre e novembre del 1967, avvenne il miracolo, con la produzione di Mike Vernon i Bluesbreakers registrarono il loro terzo lp: “A Hard Road” (Decca 67).
John Mayall affrontò il lavoro in studio con il solito entusiasmo, stimolato dalla presenza di questo nuovo chitarrista, con loro John McVie al basso e il batterista Aynsley Dunbar, ai fiati Alan Skidmore e Ray Warleigh, due che in futuro saranno protagonisti del jazz UK. Dallo studio uscì un capolavoro da brividi, un must del blues bianco, un disco che rimane nella storia. Un susseguirsi di classici del blues di Chicago (The Stumble, You don't love me, Dust My Blues), brani di Mayall (Hit The Highway, Leaping Christine, Hard Road) e songs di Peter Green (The Same way, gli strumentali Supernatural e Greeny). Una esplosione di blues, con Green sugli scudi a non fare rimpiangere 'slowhand': con il suo suono travolgente e drammatico divenne protagonista assoluto, supportato da Mayall e da una sezione ritmica eccezionale, era nata una nuova stella nel firmamento del blues inglese. Di questo disco esistono più versioni CD ampliate con molti inediti: segnaliamo il brano Alabama March, un blues di J.B.Lenoir che Green cantò in maniera fantastica, un blues drammatico che parla di morte e razzismo, Peter Green fece sanguinare la sua Les Paul ed entrò di diritto nella mistica del rock blues. A Mayall Peter Green regalerà ancora una preziosa delicata performance nel brano First Time Alone, l'unico dell'album "Blues From Laurel Canyon" (1968), in cui compare.
Fleetwood Mac, e il blues si evolve...
I suoi fans lo definirono 'The Green God', parafrasando il 'Clapton is God' scritto sui muri di Londra l'anno precedente, era maturo il momento in cui Greeny lasciò Mayall per formare una sua band, dove potere essere protagonista assoluto, con lui alla batteria Mike Fleetwood, il chitarrista slide Jeremy Spencer (ex Levi Set Blues Band) e il bassista Bob Brunning. Questi suonò con i futuri Fleetwood Mac al Windsor Jazz and Blues Festival, poi fu sostituito da John McVie che aveva definitivamente lasciato Mayall. Si delineò la line up definitiva della band, che messa a contratto da Vernon, impressionato dalle capacità di Greeny, incise il primo disco, l'omonimo: ”Fleetwood Mac” (Blue Horizon 1968), registrato nei CBS studios tra novembre e dicembre del 1967. Con la celebre trash cover con il bidone maleodorante in un ambiente degradato, che richiama la povertà e lo squallore dei ghetti neri delle grandi metropoli USA. Il disco suonato con grande potenza è comunque rigorosamente blues, è grondante umori del Southside di Chicago: cover come la selvaggia Shake Your Money Maker, Hellhound on my Trail di Robert Johnson, Long Grey Mare, Lookin For Somebody di Green, Cold Black Night di Spencer, uno cresciuto nel mito di Elmore James, di cui fu uno dei migliori epigoni. Un insieme di brani eccellenti con le chitarre sugli scudi e la voce di Green ad impartire lezioni di black soul. Il disco arrivò al n.4 delle charts UK e fu ben recensito dalla critica. La band costruì una notevole fama a livello dei concerti, coinvolgenti come pochi e divenne un classico nei programmi dei vari festival in UK. Nell'aprile 68 uscì il secondo album: “Mr.Wonderful” (Blue Horizon 68), coerentemente blues, alcuni titoli: Stop Messin Around, Rollin Man, Dust My Broom, Evenin Boogie, Lazy Poker Blues, Doctor Brown, equamente divisi tra composizioni di Green, Spencer e classici del Chicago blues. In questo disco compare al piano Christine Perfect allora ancora con i Chicken Shack, fidanzata di McVie e figura in divenire nei futuri Fleetwood Mac secondo mark, e seconda vita (musicale). Ci fu anche la partecipazione alla bluesharp di Duster Bennett, sfortunato bluesman, grande amico di Peter Green.
Questo fu il periodo in cui i Mac registrarono anche una serie di singoli a firma Green: Black Magic Woman, Albatross, Man of the World, The Green Manalishi, furono brani diversi dal solito clichè blues, tendenti alla psichedelia e al soul, che ebbero un notevole successo. Black Magic Woman sarà una grande hit nella versione dei Santana poco tempo dopo. Ma ciò segnalò un certo distacco dalla linea purista imposta de Vernon, comunque i Mac registrarono a Chicago negli studi Ter-Mar della Chess Records, il mitico “Blues Jam at Chess” o “Blues Jam in Chicago” (Blue Horizon, 1969), supersession in un disco doppio con alcuni big del Chicago blues, come Otis Spann, JT Brown, Willie Dixon, Walter Horton etc., un disco di puro blues elettrico che rimase nella storia. Nel 69 uscì “The Pious Bird of Good Omen” (Blue Horizon, 69), un album raccolta di 45 gg. e B side, c'erano anche due brani con il pianista Eddie Boyd con cui Green aveva collaborato, il disco fu edito solo per il mercato europeo.
Then Play On
Nel frattempo al gruppo si era unito un terzo chitarrista, il giovane Danny Kirwan, che proveniva da una band chiamata Boilerhouse, uscì anche “English Rose” (Blue Horizon, 1969), parzialmente un altro Greatest Hits, con brani già pubblicati, ma anche con inediti a firma Kirwan, il brano di chiusura nell'album è Albatros, già edito come 45 gg. ed espressione del Green più mistico. Si notò qualche segno di stanchezza nel rapporto tra i Mac e Mike Vernon, Green e soci avevano il bisogno di uscire dal blues tradizionale e spingersi oltre. Andarono in tour negli USA con i Grateful Dead e vennero sommersi dall'onda acida, Green e Kirwan divennero dei devoti di Stanley Owsley e di altri potenti acid maker americani. I Mac ruppero il rapporto con la Blue Horizon e firmarono con la Reprise etichetta del gruppo WB, il cui proprietario era Frank Sinatra. Di lì a breve venne registrato “Then Play On” (Reprise 1970, n.6 nelle chart UK): il disco segnò un deciso cambiamento per i Mac, niente più blues cover, tutti i brani di Green e Kirwan e una decisa adesione al rock psichedelico: Coming Your Way, Closing My Eyes, Fighting for Madge, Showbiz Blues, Rattlesnake Shake, Like Crying, My Dream sono una serie di song creative e originali dove le chitarre si sbizzarrivano e la eccezionale sezione ritmica di Fleetwood e McVie era protagonista. Registrato negli studi CBS e De Lane Lea di Londra, il disco è considerato il capolavoro della fase discografica dei F.Mac con P.Green e fu caratterizzato da una inusitata lunghezza, per quei tempi, durava quasi un'ora. Un altro singolo, Oh Well, fu un notevole successo in UK. Parallelamente dal vivo i Mac offrivano dei concerti variegati e coinvolgenti, un set con Spencer protagonista, a base di blues, poi Green e Kirwan scatenati nei loro trip psichedelici, songs come Rattlesnake Shake e The Green Manalishi potevano raggiungere lunghezze inusitate con un intreccio di chitarre sature di elettricità senza fine, come testimonia bene il “Live at Boston Tea Party” registrato nel 1970, pubblicato una prima volta su vinile nel 1985 per Shangai Records, rimasterizzato ed ampliato a dovere in 3 CD tra il 1998 e il 2000 da Snapper Music. Sono documenti indispensabili per conoscere la potenza live dei Mac di quel torrido periodo. C'era poi una terza opzione: i Mac si trasformavano in Earl Vincent & The Valiants, con addosso vistosi frac argentati, che proponevano un repertorio a base di R n' R anni 50, Chuck Berry, Little Richard, Jerry Lee Lewis, Eddie Cochran i protagonisti. Puramente dance e la gente si divertiva.
Split 1
Nel 1970 durante il tour europeo Green partecipò ad una festa in Germania in una comune di Monaco strafatto di LSD, volevano proporgli di partecipare ad un festival versione kraut sul genere di Woodstock con Hendrix e gli Stones, ma lui allucinato si mise a suonare con un altro gruppo di stonati: tra loro forse qualcuno di Amon Duul, una jam durata ore senza limiti, portando alla disperazione Fleetwood e alcuni roadies dei Mac presenti, che volevano riportarlo in albergo, dovettero usare la forza per raggiungere il loro scopo; il 20 maggio suonò per l'ultima volta con la band. Molti anni dopo Green dirà in una intervista che ricordava di avere suonato la musica più celestiale della sua vita durante quelle jam in Germania. IL 27 giugno suonò a Bath con la band di John Mayall che comprendeva il fratello Rod Mayall all'Hammond, collaborò con i Gass di Bob Tench, con Peter Bardens e con B.B.King nel disco "London Session", con l'amico Nigel Watson, poi registrò un cameo con la Brunning Sunflower Blues Band e forse suonò anche con i nuovi Fleetwood Mac nell'album “Penguin”. I Fleetwood Mac persi Green e Spencer, con varie nuove formazioni ma con il nucleo inossidabile McVie, Fleetwood, Perfect, dopo un buon album con ancora presente Kirwan, “Kiln House”, erano andati verso lidi pop rock fm, avranno un enorme successo commerciale sino agli anni '90. Fu il momento in cui l'abuso di droghe raggiunse livelli di guardia, Green divenne paranoico e patologico e si allontanò dal mondo della musica, non essendo più in grado di suonare professionalmente.
The End Of The Game |
Ma prima del definitivo crack delle sue condizioni mentali, Green registrò un disco solista. “The End Of The Game” (Reprise, 1970), fu l'ultimo suo lavoro, aiutato da Zoot Money e Nick Buck alle tastiere, Alex Dmochowsky al basso e dal batterista Geoffry Mc Lean; partorì un capolavoro, un disco unico e irripetibile, solo strumentale, un mix free-form di rock acido, free jazz, sperimentale e indefinibile. Solo sei i brani: Bottoms Up, Timeless Time, Discending Scale, Burnt Foot, Hidden Dept e The End Of The Game: difficile descrivere un sound che è libertà di espressione assoluta, forse proprio il suono di un musicista/individuo che non ha più contatto con la realtà, che vive una dimensione parallela, senza alcun interesse per il business. Per la cronaca un dato ‘critico’ assolutamente incomprensibile: la prestigiosa Allmusic in rete gli conferisce una sola stella. Dmochowsky, ex Aynsley Dunbar Retaliation, poi con il nickname Erroneus andò a suonare con Frank Zappa in “Grand Wazoo”. The End Of The Game è un disco che si può amare alla follia.
Split 2
Green era molto malato, gli fu diagnosticata una forma di schizofrenia che durante numerosi ricoveri in varie cliniche psichiatriche fu curata con l'elettroshock, negli anni '70 si usava ancora. Fu poi dimesso e partì per Israele dove andò a vivere in un kibbutz, per sperimentare quella forma di vita collettiva con i suoi simili; Green è ebreo di origine, ma espresse simpatie per l'OLP di Arafat, questo non piacque e lui tornò in GB. Il suo stato era spesso catatonico e viveva in una trance perenne, ci sono molte testimonianze in merito. Così trascorsero gli anni 70, nel 1977 Green fu arrestato perchè minacciò con un fucile il suo amministratore contabile, non voleva più che gli mandasse soldi. Un'altra volta di ritorno dal Canada fu arrestato per possesso di arma da fuoco. In carcere fu curato bene e cominciò a riprendersi, poi con l'aiuto del fratello Michael e del chitarrista Nigel Watson, suo grande amico, ritrovò un po' di serenità e anche la voglia di tornare a suonare.
Il Ritorno
Nel 1979 Green firmò un contratto con l'etichetta PVK e con l'aiuto del chitarrista Snowy White con la sua band e del vecchio capo Peter Bardens registrò l'album “In The Sky” (PVK, 1979), un buon disco fatto di musiche soffuse e rilassanti, che testimoniano la sua voglia di pace interiore, i tempi della furiosa elettricità di Rattlesnake Shake erano lontanissimi, nel disco anche colori blues e funk. Il disco vide i testi scritti dalla moglie di Greeny, Jane Green: songs come Slabo day, Proud Pinto, A Fool No More, In The Sky sono testimonianza della buona qualità di questo comeback musicale (che vendette anche bene) anche se il virtuoso e trascinante solismo tipico di Greeny in questo lavoro è decisamente latitante. Negli anni '80 continuò a suonare, registrò altri quattro LP per la PVK, senza infamia e senza lode; inoltre pare ci sia una sua performance non accreditata nell'album “Tusk” dei Fleetwood Mac. Registrò l'album: “A Case Of Blues“ con i Katmandu: Ray Dorset (Mungo Jerry), Vincent Crane (Atomic Rooster) e Len Surtees (Nashville Teens); il risultato non fu per niente positivo, suonò poi con Mike Green (sottovalutato chitarrista dei Pirates, oggi scomparso), titolo del CD: ”Two Green Make a Blues”, un lavoro contorto e strano caratterizzato da sonorità beefhartiane decisamente fuori dagli schemi.
Dopo un altro periodo di inattività, Greeny tornò a metà anni 90 con una nuova band, The Splinters Group, con lui il chitarrista Nigel Watson, il bassista Neil Murray e il batterista Cozy Powell, un deciso ritorno al blues, elettrico e acustico, registrarono ben nove LP dal 1997 al 2004, tra cui i notevoli "The Robert Johnson Songbook" (1998, rivisitazioni del leggendario seminale bluesman, foto a destra) e "Hot Foot Powder" (2000). Poi tentò di mettere insieme una British Blues All Stars, ma la morte del sassofonista Dick Heckstall Smith fece naufragare questo progetto; nel 2009 la BBC gli ha dedicato un documentario: “Peter Green Man of the World” (foto sotto a sinistra). Una curiosità: la sua Gibson Les Paul Custom, venduta a Gary Moore nella disperazione dei bui anni 70, oggi è proprietà di Kirk Hammet chitarrista dei Metallica che l'ha pagata 2 milioni di dollari.
Peter Green è tuttora attivo con i Peter Green Friends, ha suonato in Irlanda, Germania, GB e ha programmato un tour australiano. ----- Un chitarrista e un musicista eccezionale, dotato di una sensibilità unica, che nella vita ha passato momenti tremendi per se stesso e i suoi familiari, circondato presso il pubblico per anni da un alone misterioso che ne ha tenuto viva la leggenda, poi il ritorno che forse l'ha un po' distrutta, ma ci ha riconsegnato un vero, vivo musicista blues. Lunga vita Mr.Green.
La depressione dalla quale cerchi di fuggire
E’ il cuore infranto della tua anima solitaria
Che si rende conto dell’errore e piange
Sei diviso tra la tragica verità di un’anima persa
e la falsità che sei stato indotto a credere sia il tuo modo di essere
Ho scelto di essere me stesso
Se guardi con molta attenzione lo vedrai in ogni Uomo
se non lo vedi, vedrai follia” (Peter Green)
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