Arturo Stalteri Il Decimo Anello: viaggio nelle note lunari di Arturo Stàlteri
RITRATTO DELL'ARTISTA DA GIOVANE: PIERROT LUNAIRE
Le note di Arturo Stàlteri hanno la leggerezza aerea del volo di una farfalla che deponga “il peso” della sua iridescenza sui tasti di un pianoforte. In detta levità di tocco s’avverte la grande lezione, tra gli altri, del leggendario Aldo Ciccolini, maestro di Arturo e ricordato, tra le altre cose, per l’incisione di una delle più belle versioni delle opere di Erik Satie. Studi classici che conducono l’artista romano a fondare, insieme a Gaio Chiocchio (che, purtroppo, nel 1996 scomparirà prematuramente), cui più tardi s’aggiungerà Vincenzo Caporaletti, una delle formazioni più interessanti del progressive italiano degli anni Settanta: Pierrot Lunaire. Per It Records, esce nel 1974 l’ Lp omonimo, “Pierrot Lunaire” che risente, ovviamente, delle influenze più marcatamente folk-prog del periodo, con brani del calibro di Il Re Di Raipur, Lady Ligeia, Arlecchinata, Invasore, giusto per citarne alcuni, soprattutto di diretta ascendenza britannica, in ossequio a gruppi quali Genesis, Jethro Tull, Yes, King Crimson. Nel 1976, Vincenzo Caporaletti lascia il gruppo per seguire le personali inclinazioni musicali, più vicine al jazz, ed entra nella line-up la soprano gallese Jacqueline Darby. Completa la formazione il valido Massimo Buozzi alla batteria.
E’ il momento di “Gudrun”, Rca, nel 1977, secondo e ultimo album dei Pierrot Lunaire. Si tratta di un lavoro più ambizioso del primo, più orientato verso soluzioni sonore sperimentali, e dunque più ostico ma assolutamente affascinante nell’approccio eminentemente musicologico. Ne siano prova la intrigante suite omonima, Gudrun; Morella, titolo dalla chiara ascendenza letteraria - E. A. Poe - in cui la voce di Jacqueline fa da splendido contrappunto alle note pianistiche e alla chitarra arpeggiata; Plaisir D’Amour, nella quale l’inclinazione alla sperimentazione s’incarna maggiormente nell’impianto dell’opera, introducendovi suoni afferenti a diverse culture e tradizioni musicali proteiformi. Dopo questi due validissimi dischi, il gruppo si scioglie. Un album dal titolo “Tre” esce, per la M.P. & Records, nel 2011, e contempla tre brani inediti che avrebbero dovuto far parte del terzo lavoro dei Pierrot Lunaire, alcune versioni alternative di brani tratti da “Gudrun”, e otto covers, ad opera di gruppi italiani di neo-progressive estrapolate dai due dischi dei Pierrot Lunaire. Arturo, con classe indiscutibile, inizia una carriera solistica di assoluto pregio.
Pierrot Lunaire - Gudrun (1976) - 7 Morella
VIAGGIO SULLA LUNA
I primi due dischi solistici di Stàlteri, “Andrè Sulla Luna” ed “E Il Pavone Parlò Alla Luna”, sempre per la It, soprattutto il primo, incarnano ancora le istanze e le coordinate musicali dell’ultimo periodo dei Pierrot Lunaire. Brani quali: Morte Mentale Di Un Sogno, Viaggiando Tra I Riflessi, Prisma Magico, Verso La Luna, rivelano, oltre alla grande maestria pianistica e compositiva di Stàlteri, uno spiccato senso della sperimentazione che ne impregna con sontuosa pervasività le note, ed una irresistibile tendenza ad appropinquarsi vieppiù ai modelli più amati in detto campo, personalità del calibro di Philip Glass e Brian Eno. Numi tutelari (che ritroveremo più innanzi), le cui tracce sonore saranno oggetto di rivisitazione brillantissima da parte del Nostro e confluiranno in due opere magistrali: “Circles” e “CoolAugustMoon”.
Andrè sulla luna: morte mentale di un sogno
ECHI DALLA CONTEA
Un impasto virtuoso di minimalismo e ambient, senza mai abbandonare all’oblio l’ordito folk-prog dei primordi, caratterizza il terzo lavoro di Arturo, “Syriarise”, nel 1992, che in tal modo inaugura il lungo e proficuo sodalizio con la valorosa etichetta discografica Materiali Sonori. Si tratta di un lavoro di grande perizia compositiva che contempla una prima parte di pretto taglio acustico, sognante nella tramatura d’approccio, con un piano che distilla note argentine, sgranandole su di un tappeto armonico di classica rilevanza; e una seconda sezione dedicata a sonorità più schiettamente riconducibili a tematiche ambient o di pura ascendenza minimalistica. In questo album, tra l’altro, rileva in maniera assai pregnante l’accostamento letterario di Stàlteri, ai fini musicali, alla monumentale opera di John R.R.Tolkien, “Il Signore Degli Anelli”, riferimento raffinato a livello ispirativo e foriero di esiti eccellenti, d’ora innanzi, in ordine alla composizione di singoli brani o, addirittura, di sezioni tematiche intere, se non di opere ex integro concepite. Le Ultime Luci Di Brea e Nella Casa Di Elrond ne sono preziosa testimonianza.
Esempio di perfetto bilanciamento tra classicismo e innovazione, di tecnica e cuore modulati in perfetta simbiosi, e uno dei più bei dischi degli ultimi lustri, in senso assoluto, è “Flowers”, Materiali Sonori, 1996. L’incipit è demandato a un brano che definire splendido potrebbe suonare eufemistico, Scarlett, il cui impianto melodico pare germogliare dal piano come un’edera soprannaturale avvinta inestricabilmente al concetto stesso di Musica. Si susseguono, poi, alcune magistrali covers di sommi artisti quali Ryuichi Sakamoto (la meravigliosa Merry Christmas, Mr. Lawrence), Chick Corea (Fiesta), Philip Glass (Metamorphosis Two), Claude Debussy (General Lavine), Darryl Way (Vivaldi). Théoden E I Ricordi, da cui pare che filtrino, in magica, musicale sinestesia, i riflessi aurei della sontuosa reggia di Edoras, Mulini, Un Notturno, Le Ultime Luci Di Brea, completano la griglia incantata di quello che senz’ombra di dubbio è uno dei più brillanti e ispirati dischi degli ultimi vent’anni. Due bellissimi dischi di covers, Materiali Sonori, rispettivamente 1998 e 2000, vedono la luce in guisa di commosso omaggio a due autentici pilastri della musica contemporanea: Philip Glass e Brian Eno.
“Circles”, con brani del grande Maestro newyorkese, uno dei padri assoluti del Minimalismo, geniale creatore di opere quali “Einstein On The Beach” o “The Voyage”, qui riecheggiato, con grande maestria tecnica e notevole e personale capacità di reinvenzione da Arturo, nei suoi lavori più classici, quelli per piano solo in gran parte. E allora, come altrettanti fiori musicali dai petali iridescenti, ecco volteggiare Metamorphosis One, Victor’s Lament, Ave, Mad Rush, la stupenda, conclusiva Closing, per un disco affascinante e dalla fulgida cromìa armonica. “CoolAugustMoon”, rende omaggio a un’autentica icona della musica moderna, l’Androide Brian Eno, geniale e proteiforme talento della nostra contemporaneità. Qui, Stàlteri è affiancato da: Vieri Bugli, al violino; Damiano Puliti e Laura Pierazzuoli, al violoncello; Stefano Rocchi, al contrabbasso; Arlo Bigazzi, al basso elettrico; Paolo Corsi, alle percussioni. Brani dal sapore immortale come Julie With, Another Green World, la stupenda St.Elmo’s Fire, Here Come The Warm Jets, la soprannaturale An Ending (Ascent), rivivono sotto la sapiente regia di Stàlteri, che, ove possibile, impreziosisce le tracce dell’impareggiabile stregone inglese, con tocchi ora vellutati ora scavati nella materia aurea del suono, dove dormono, creando per effluvio, gli dèi dell’armonia.
IL DECIMO ANELLO: DALLA CASA DI ELROND ALLA FINE DI MORDOR. NEI GIARDINI LUNARI DI GONDOR
"Rings- Il Decimo Anello”, Materiali Sonori, 2003, rassegna agli aficionados di Arturo un quadro di rara bellezza, meglio, un polittico in musica di ordine concettuale: episodi de “Il Signore Degli Anelli”, maestosa opera di Tolkien, ricoperti dal manto dal lucore adamantino delle note di Stàlteri. Attorniato da valentissimi coadiutori: Yasue Ito, al violino; Laura Pierazzuoli, al violoncello; Stefano Pogelli, flauti; Jenny Sorrenti, voce. Nelle sinuose armonie del disco vengono ripercorsi, con una cornice musicale strepitosa, gli episodi del capolavoro letterario di Tolkien: dalla festa di Bilbo Baggins nella Contea, alla comparsa di Gandalf, lo stregone che nella scala cromatica di un’immaginaria spettrografia magica trascorre dal Grigio al Bianco; dalla funesta presenza dei Cavalieri Neri, in cerca di Frodo, portatore dell’Anello, a Brea, all’arrivo della Compagnia nel regno di Elrond, re degli Elfi; dal passaggio dalle terre di Galadriel, regina del Reame Boscoso, all’incontro con re Théoden di Rohan, avvinto da incantesimo e poi liberato da Gandalf. Fino alla liberazione dal Signore del Male, Sauron e al rientro di Aragorn, da legittimo re, a Gondor.
Una progressione entusiasmante, in cui la trama musicale s’innerva magicamente nel tessuto letterario, fino a creare un’armonia numinosa tra note e immagini, cui la parola poetica rinvia come per misteriosa osmosi, in un flusso incessante di sinestesie. “Flowers 2”, Felmay, 2012, rappresenta nell’augusta carriera di Arturo, insieme un sguardo retrospettivo e un ulteriore affinamento delle sue arti alchemiche. Un lavoro prezioso, ingemmato dalle solite, personalissime e adamantine covers: Debussy, Clair De Lune; una clamorosa e singolarissima versione crimsoniana di In The Court Of The Crimson King; una meravigliosa rilettura della Fantasia Cromatica di Johann Sebastian Bach; un bellissimo Notturno di Chopin; una versione intrigante di Hoppypolla degli iperborei Sigur Ros; l’eterno Schubert e una commovente rilettura della Sonata Al Chiaro Di Luna di Beethoven, una delle più intense versioni in assoluto. E poi, alcuni brani di composizione stalteriana: The Consciousness Of Tao; una nuova, stupenda proposizione di Scarlett, vera e propria traccia eponima della poetica musicale di questo geniale artista, raffinato interprete delle ricchezze dello spirito che s’incarna, come una Driade d’aria, nell’albero stesso della musica.
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