Sabrina Napoleone MODIR MIN
«Non si attraversa il fuoco indenni» scrive Sabrina Napoleone nelle note di copertina di “Modir Min”, in lingua islandese “madre mia”; e come darle torto? Ma troppo spesso ci accontentiamo di «fare ciò che ti fa stare bene», come si sente spesso per radio, in una canzone troppo facile all’equivoco.
Quest'ambiguità non appartiene al mondo, pure eclettico, di Sabrina. La sua scrittura musicale è lineare, pulita, immediatamente comprensibile anche in brani estesi e zeppi di parole come L'Oro; la vocalità sicura e schietta, un timbro che ricorda quello della Mannoia. Il gesto è giustamente teatrale, quello di chi conosce palcoscenico e sipario forse più degli stage di quel «gruppo metallaro che ha scritto quattro pezzi», solo uno dei tanti ironici fotogrammi, questo, che l’autrice passa in rassegna nella satirica Il Business Dei Primati. Un pop facile all'elettronica del synth, che si concede ad echi etnici e a cui la sinuosa viola di Osvaldo Loi regala l'eco di una dark wave scelta per raccontare storie immerse nella nostra quotidianità fatta di piccole distopie, di illusioni e di apparenza; quotidianità in cui davvero serve Resilienza, e a cui Sabrina guarda in faccia senza timore di schierarsi ed esporsi: in questo senso la dice lunga l'omaggiare Tenco con un brano come La Ballata Della Moda.
Genova ci consegna così una nuova cantautrice, che è un po' musicista, un po' filosofa, un po' attrice; sicuramente artista.
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