Napalm Death, Natron, Disguise, Housebreaking, Entact 28 aprile 2012, Demodé Club, Modugno (Bari)
Housebreaking, Disguise
Oggi tocca ai grandi Napalm Death solcare il palco del Demodé, ultimo di una serie di eventi organizzati da Antonello Maggi di Rockcult con nomi di un certo calibro che hanno fatto la storia del rock estremo come Entombed, Uk Subs e Misfits. Arrivo alle 23.00 e noto immediatamente una buona affluenza di pubblico, il Demodé é praticamente pieno di gente proveniente da varie parti del Sud Italia, la serata inizia subito con gli Housebreaking in tour per promuovere il loro album “Out of Your Brain” che sta riscuotendo parecchio interesse tra pubblico e critica; i laziali ci propongono un death-thrash metal abbastanza pulito, lineare e di buon impatto che a me ha ricordato in alcuni passaggi il Death’n'Roll degli Entombed. Il pubblico del Demodé sembra gradire questo inizio di serata mostrandosi particolarmente reattivo alle loro sollecitazioni sonore. Alle 23.30 salgono sul palco i pugliesi Disguise, vincitori del Total Rock Contest organizzato dal mensile musicale Metal Hammer, che ci propongono un Black-Death Metal abbastanza potente nei canoni più tradizionali del genere.
Natron
Alle 00.15 è la volta dei Natron, band storica barese attiva dal lontano 1992, spetterà a loro l'arduo compito di traghettare il pubblico, come ‘Caron dimonio, con occhi di bragia’, sulle sponde dell'inferno sonoro dei Napalm Death. La band nostrana ci offre un’esibizione efficace, tesa e violenta, caratterizzata dalla sezione ritmica potente e martellante di Max Marzocca e Stefano Pomponio, dalle deflagrazioni di chitarre Grind/Death Metal di Domenico Mele e dalle massicce linee vocali di Nicola Bavaro unitosi alla band nel 2007. Questa sera sia gli artisti che il pubblico sono molto ben predisposti e da subito gli animi si scaldano: il frontman Nicola Bavaro si agiterà senza sosta sul palco prendendone pieno possesso, non facendosi sfuggire l'occasione di fare più volte stage diving schiantandosi inesorabilmente sulla folla sottostante che prontamente lo accoglierà rispondendo con dei movimentati crowd surfing. I Natron suoneranno brani del penultimo album “Livid Corruption” (2004) e di “Hung, Drawn & Quartered” che ritroviamo rielaborati anche nel loro ultimo “Grindermeister”; in totale 10 shooters al vetriolo buttati giù tutti d'un fiato che riscuotono parecchio consenso da parte dei presenti.
Dopo una breve pausa per qualche problema tecnico i Natron riprenderanno a suonare l’ultimo devastante brano Rot Among Us (dall'omonimo album del 2009). Buona prestazione da parte di una delle band italiane di metal estremo più conosciute ed apprezzate all'estero; un giusto compromesso tra tecnica e brutalità. Terminata la loro esibizione avremo bisogno di qualche minuto per riprenderci dalle loro bordate metalliche e preparare i padiglioni auricolari alla performance dei ‘Leaders of the Extreme’ così come loro stessi amano definirsi. Il tempo di un rapido avvicendamento di strumenti ed ecco che giunge il momento dei mitici Napalm Death, introdotti dal volto affabile del chitarrista Mich Harris che provvederà a preparare con lo staff tutta la strumentazione necessaria, compresa la batteria a doppia cassa che nel corso della serata farà inesorabilmente il suo sporco lavoro.
NAPALM DEATH
Dopo un interminabile soundcheck compariranno finalmente sul palco tutti gli altri componenti, in successione Danny Herrera (batteria) e Shane Embury (basso) con la sua inconfondibile chioma ormai segnata dagli anni. L'Intro di chitarra della monumentale ed apocalittica Circumspect preannuncerà il loro sterminio sonoro, e non appena salirà sul palco il vocalist Mark “Barney” Greenway il pubblico lo accoglierà con un grande boato, dimostrando grande affetto e rispetto. Sarà subito un'esplosione di energia e caos, lo spostamento d'aria prodotto dai bassi e dalla doppia cassa sarà così devastante che impatterà in pieno petto come una pesante mazzata, da quel momento in poi sarà una successione di pezzi brutali eseguiti con una precisione chirurgica impressionante.
Nel corso della serata ci proporranno una setlist composta da circa 25 brani pescati a piene mani da tutta la loro carriera. Seguiranno nell'ordine Errors in the Signals con la quale i quattro demolitori vomiteranno sul pubblico tutta la loro ferocia, caratteristico marchio di fabbrica della band; la rumorosa ed isterica Everyday Pox con il sax dell'iconoclasta del jazz John Zorn che ci delizierà con le sue aggressioni sonore; Can't Play, Won't Pay da “Enemy of the Music Business”; la fulmicotonica Protection Racket, la potente Analysys Paralisis introdotta dal suo tagliente riff di chitarra e dall’assalto vocale di Greenway che in un attimo scatena l'apoteosi della devastazione sonora, mandando letteralmente il pubblico in tilt, passando per la micidiale Suffer The Children e proseguendo a testa bassa fino alla mitica cover dei Dead Kennedys Nazi Punks Fuck Off.
A questo punto della serata i quattro, come da più comune tradizione rock, si allontaneranno dal palco aspettando l’acclamazione del pubblico ormai su di giri che prontamente li inciterà a rientrare con un coro da stadio intonato al ritmo di ‘Napalm Death....’. I nostri amici non si faranno pregare e torneranno ad assalirci con i riff del loro primo e ormai storico “Scum” (1987), genesi assoluta del Grindcore, iniziando proprio dalla title-track Scum, Human Garbage e la fulminea You Suffer (2 secondi) per chiudere
definitivamente con Istinct of Survival. Questa sera i Napalm Death si sono mostrati in gran forma e Mark “Barney” Greenway nel corso della serata metterà in luce le sue doti di grande trascinatore a dispetto del suo aspetto bonario, con i suoi potenti growling guttural-visceral-brutisti ci lascerà esterrefatti, gli acuti “scream” di Mitch Harris e la sua tagliente chitarra, il basso ruvido di Shane Embury e la devastante ed impietosa sezione ritmica di Danny Herrera faranno il resto.
Una performance caratterizzata dall’impatto frontale della voce di Mark “Barney” Greenway supportata da ritmiche serrate e sfiancanti che non ci concederanno un minimo di tregua; i Napalm Death nel corso della serata avranno cura di innalzare un imponente muro di suono contro cui malamente ci andremo a schiantare e nonostante l’acustica non abbia favorito particolarmente la pulizia del suono, la storica band si è dimostrata assolutamente all’altezza, travolgente e tecnicamente impeccabile, il sound nitido e violento sembrava letteralmente filtrato nell’acido corrosivo. Sono le 3 di mattina e i quattro di Birmingham hanno dato fondo a tutte le loro e nostre energie e termineranno la loro grande performance dimostrandoci che nonostante i trent’anni di carriera e i numerosi cambi di line-up non ne abbiano minimamente risentito e siano ancora oggi loro i ‘Godfathers del Grindcore’. Napalm Death, più convincenti che mai.
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