Ben Frost: Live@C(H)ORDE 28 Gennaio 2012, Chiesa Evangelica Metodista, ROMA
E’ nota la predilezione di Ben Frost per le chiese e per il sacro. Non meraviglia quindi vedere il suo concerto in una chiesa evangelica del 1895 nel pieno centro di Roma. Lo spazio interno è illuminato debolmente dalla luce proveniente dalla strada, rimodulata dalle vetrate di un colore ocra molto suggestivo. Il concerto prende avvio subito dopo le 21 con la brutalità aggressiva di Killshot, mostrando da subito la contraddizione di una bellezza che è nello stesso tempo inquietudine e violenza. Ben Frost ama giocare con questi contrasti. Lo spazio sacro della chiesa è attraversato da ondate frastagliate di rumore che si propagano nella loro frattalità naturale. E’ noto il fascino che la natura esercita sul musicista australiano, esaltata in “By The Throat“ (2009) non negli elementi ambientali e contemplativi, ma nella sua aggressività e prepotenza. Si spiega così la presenza inquietante del ringhiare feroce ed istintivo dei lupi in The Carpathians e Híbakúsja. Non si tratta di una operazione di mimesi, come può esserla quella di un Chris Watson, musicista che peraltro Ben Frost stima tantissimo. Non si tratta qui di descrivere il suono e la sua costruzione a partire dalla materia acustica elementare, né di comprendere i meccanismi per i quali quel rumore prende forma.
Ben Frost è interessato ad altro: è interessato all’effetto che quel suono produce in noi, alla reazione inconscia che ci fa percepire minacciose quelle vibrazioni stridule e laceranti. Il “lupo” Ben Frost aggredisce i nostri meccanismi inconsci, evoca la nostra paura atavica, scatena i nostri istinti primari con rumori che suscitano sgomento ed angoscia, poiché insiste su quei territori in cui la ragione non è in grado di difenderci. E’ strano su come possa esistere un piacere estetico anche di fronte alla paura e all’istinto di sopravvivenza. C’è un qualcosa di strano in tutto questo. Non si deve pertanto ritenere che la naturalità istintiva e feroce di “By The Throat“ (2009) sia in opposizione al mondo artificiale delle macchine descritte in quel capolavoro che è "Theory of Machines" (2007). In fondo, il ronzio persistente dei dispositivi meccanici e le vibrazioni intermittenti delle macchine innescano nella nostra mente un’inquietudine ed un’angoscia non molto dissimile da quella del ringhiare delle bestie predatrici, sebbene quella delle macchine sia una sensazione più straniante poiché percepita come innaturale (Untitled Transient e Studies for Michael Gira). Pensavo a tutto questo mentre Ben Frost aggrediva fisicamente il nostro corpo e la nostra mente con il suo mondo sonoro a 120 db, in uno dei concerti più affascinanti a cui abbia mai assistito.
Foto di Felice Marotta