Humpty Dumpty La dissipazione del genere umano
INTRO
Abbiamo incontrato Humpty Dumpty, geniale artista, fra più attivi e prolifici degli ultimi dieci anni quantomeno a livello italiano. L'intervista ha avuto un curioso prologo, che vi raccontiamo:
*** (Humpty Dumpty): “Ciao Ricardo. Questa è la seconda richiesta di intervista che ricevo da quando, quasi una ventina di anni fa, ho iniziato a registrare musica con il moniker di Humpty Dumpty. Basterebbe questa evenienza a far sì che, oltre a ringraziarti calorosamente, almeno una domanda mi struggessi per porla io a te: come mai m’intervisti per una prestigiosa webzine?"
*** (Ricardo Martillos-Distorsioni) - Sono io che ti ringrazio a nome di Distorsioni per la stima. Siamo una webzine in crescita ma stiamo studiando per diventare grandi. Abbiamo pensato di rivolgerci a te perché un percorso artistico lungo, ricco ed articolato come il tuo necessita un doveroso approfondimento. Pensiamo che sia ora di farti, come dire, uscire un po' allo scoperto. I tuoi fedeli seguaci ed estimatori spero gradiranno. (Ricardo Martillos)
L'INTERVISTA
Ricardo Martillos (Distorsioni) - Una volta mi hai detto che ogni tuo disco è differente dal precedente, fammi un breve riassunto della tua avventura musicale.
Humpty Dumpty - Ricordo ancora la grande eccitazione nel possedere un Fostex a cassetta. Quattro piste che hanno drasticamente cambiato le mie abitudini esistenziali. Tenevo già un diario cartaceo e, in onore all'horror vacui della mia adolescenza, ebbi l'idea di tenerne anche uno musicale. Iniziai a buttar giù a getto diarroico tutte le musiche che mi attraversavano il cervello o che mi si componevano tra le dita, a sperimentare qualunque rumore possibile con la chitarra elettrica e una centralina di effetti digitali. Il mio ingresso nel mondo della registrazione su traccia è marcato a fuoco da questa eccitazione per le fino ad allora incredibili possibilità che registrare uno strumento sopra l'altro offriva. Sovrapporre due suoni è sovrapporre due spazio-tempo diversi. Con il quattro piste si poteva sovrapporre infinite volte. Il mio primo disco raccoglie quello che considerai il meglio di quel periodo di massimalismo ludico. Ma fu poi internet a darmi l'input decisivo. Il riconoscimento di quei pochi a cui facevo ascoltare le mie cose mi dette la spinta per iniziare un percorso "discografico". Dal secondo in poi i dischi che ho prodotto sono concepiti per essere tali. Essendo musicalmente un tipo curioso e avendo ascoltato molta musica, avevo nutrito molte anime dentro di me. Ognuna di esse ha esercitato una potestà più marcata su questo o quel disco. "River Flows" (2003) è una specie di mantra elettrico. "To quote a bromide" (2004) vira verso il twee-folk. "Be no more time" (2005) contiene i primi pezzi in italiano. L'ep del 2006 e "Eine traurige Welt für Scheiße Leute" (2007) sono synthpop italiano. Nel 2008 realizzo "Q.B." insieme a Renato Q., ed è lì che la musica di Humpty Dumpty inizia a circolare un po' di più, soprattutto perché, forte della consapevolezza della qualità dei testi di Renato, lo faccio stampare fisicamente e lo mando a chi di dovere. Con Renato realizzerò altri due dischi, un ep in inglese, "A mile from any neighbor" (2009) che è pop psichedelico pastorale e "Noia e rivoluzione" (2010) che è assai eterogeneo, dal punto di vista musicale, ma mi piace considerarlo “sufficientemente punk”. Nel 2009 inizio a collaborare con il poeta/scrittore Stefano Zuccalà e insieme sforniamo "Pianobar dalla fossa", che è un curioso esperimento di musica realizzato con i preset midi di un software per musica da piano-bar. Nel 2011 esce "Humptamatic" che è il disco che raccoglie le testimonianze più dirette della mia (would-be) barrettianità. L'anno successivo "Finestre alte" mi vede musicare elettronicamente una selezione delle mie poesie (di autori moderni e contemporanei) preferite. Lo split del 2013 con Silver Julio è l'occasione felice di condividere con i miei ascoltatori l'opera d'un amico che stimo umanamente e musicalmente molto ma la cui filosofia zen gli suggerisce un'umiltà che sconfina nella pigrizia.
Il tuo disco più psichedelico e quello più politico?
Più che psichedelico “The washing line” (2000) è un disco anarchico, che sfrutta le possibilità edoniche della registrazione a piste casalinga. Ma in generale in tutti i miei dischi c’è un sottotraccia di psichedelia e uno di politica. “Psichedelia” come attitudine alla libertà compositiva e arrangiativa; “politica”, ovviamente, in senso lato, l’unico senso in cui il termine non sia divenuto una parolaccia. Non è politico questo paramondo di attorucoli e attricette (nessuno escluso) piazzati nei palazzi dal capitale per intrattenere la gente davanti alla tv. E la politica non è l’unica vecchia abitudine umana a essere scomparsa. Ma per tornare alla domanda, “Noia e rivoluzione” è il disco in cui l’argomento politico è tematizzato più esplicitamente. Renato ha fatto un lavoro superbo con le parole. Io premevo più per una reiterata contumelia di matrice punk, ma lui, autore di tutti i testi di quell’opera, ha preferito mantenere un atteggiamento più dandy e distaccato.
Come mai nonostante l’inarrestabile crisi economica di questo millennio i giovani non trovano la forza per ribellarsi, parlo sia di scendere in piazza che, restando in ambito musicale, di proporsi con un approccio alla canzone più impegnato? C'è ancora la possibilità di un ritorno al glorioso cantautorato politico dei 70' (Lolli, Guccini, Manfredi ecc) ?
Prova a pensare a come trascina la sua vita un tossico. Sino a quando mantiene la possibilità di accedere a un prezzo possibile alla sua droga di riferimento le considerazioni d’altro tipo restano nell’indistinzione dello sfondo o scartate come roba per pedanti intellettuali. Il consumismo in questi ultimi anni ha preso presso i giovani (e meno giovani) la via del “comunicativismo”. Non esiste un solo istante nella giornata di un ragazzo in cui non sia sottoposto all’aggressione subculturale dei media. Tale aggressione si compone di due fasi: chiamiamole di “indottrinamento” e di “conservazione”. La prima è quella che si assorbe consciamente e inconsciamente, a flusso continuo, da fiction, reality, telegiornali, pubblicità, quiz, talk show, etc. La seconda è quella che, impedendo il contatto critico con qualunque fonte realmente culturale e sottraendo il corpo a un contatto reale con la problematica politico/sociale (figuriamoci poi con una sua futuribile “liberazione”), prevede che i ragazzi passino la maggior parte del loro tempo a consolidare tra di loro, tramite cellulari e computer, il vuoto d’una relazionalità priva d’idealità. I musicisti sono un esempio abbastanza avvilente dell’ipocrisia strutturale del sistema: a parole mantengono sempre un certo appeal contestatario (merce anch’esso), ma quando si tratta di organizzarsi, mettersi in rete, sostenersi, offrire un esempio, porre l’arte al servizio della vita, schierarsi, porsi a guida, i più appaiono timorosi di cattiva pubblicità o d’attirare gli strali del micro e macro-capitale che li foraggia, li invita ai suoi concertini e trasmissioncine o elargisce loro a mo’ di elemosina le sue recensioni. Ovviamente ciò non vale per tutti. Ma per quasi tutti sì. Conosciamo i nomi di chi fa eccezione? Io, e me ne occupo direttamente, di molto pochi. I musicisti “indipendenti” sono “lavoratori” con l’imbarazzo aggiunto di dover dichiarare qualcosa. E se il prodotto non si vende si fa la fame. A quella fame preferiscono la carestia dello spirito: i prodotti che si vendono sono quelli che non si pronunciano, o se lo fanno, senza alcuna radicalità, giusto per sembrare cazzuti. Questo tipo di “arte” è pura decorazione. E neppure troppo originale. Preferisco comunque giudicare arte un’attitudine piuttosto che un testo roboante (e finto). Il liberismo ha i giorni contati? No, purtroppo.
Parlami dei tuoi due parolieri preferiti, Renato Q e Stefano Zuccalà. Il passaggio dall'inglese all'italiano (nel 2009 ndr) è stato un passaggio naturale ed obbligatorio anche in virtù del loro apporto a livello di liriche?
Non so cosa sarebbe stato di Humpty Dumpty se un giorno Renato Q. non fosse apparso sul forum di Ice Pink (un salottino virtuale di conversazione non-solo-musicale che ancora frequentiamo) per complimentarsi con me dell’ep in italiano del 2006. Sarei tornato rapidamente all’inglese? Non lo so. Probabilmente no, ma certo è che sarebbe stato tutto diverso. Potermi concentrare sulle musiche e affidare a qualcuno degno della mia stima l’aspetto testuale è stata un’enorme fortuna. Con Stefano è avvenuto più o meno lo stesso. Sono due voci molto diverse tra loro; composta, ironica e razionale la prima, decadente, vitalistica e nichilista la seconda. Le sento vicine entrambe, e perché mai dovrei scegliere tra questi due (e più) aspetti di me stesso? Con Renato ho lavorato di più, certo. E non è dipeso da me. Loro sanno che in qualunque momento io sono disponibile. Spero trovino altro tempo per Humpty Dumpty; mi piacerebbe che lo considerassero un progetto anche loro. Riguardo alla scelta di passare all’italiano in maniera più costante, è stato proprio il desiderio di allargare a una considerazione politica la mia attività. Pochi in Italia si mettono a leggere i tuoi testi in inglese. Soprattutto poi se la musica è registrata con un pc senza i fronzoli dello studio professionale e senza le prime pagine delle riviste di settore.
Due parole sulla Sub Terra label. (Qui Humpty Dumpty ha chiesto al suo amico Carlo Sanetti, colui che l’ha fondata e la dirige, di rispondere al suo posto. Nessuno come lui che ci sta dietro può dirne meglio).
(Carlo Sanetti) - SubTerra Label è un contenitore di autoproduzioni. Nel mio percorso di musicista mi è capitato di incontrare artisti con cui è nata una particolare stima reciproca e di conseguenza, il più delle volte, una grande amicizia. SubTerra è il mio modo di raccogliere e catalogare la produzione di questa che sento come la mia famiglia artistica (e non solo). L'affinità di base tra tutti gli artisti di SubTerra non è tanto il genere, quanto il do it yourself e il cooperativismo inteso come messaggio politico. In questo siamo vicini alla filosofia anarco-punk. La scelta di distribuire la nostra musica secondo i principi del copyleft è stata di conseguenza del tutto naturale. E' una struttura concepita per esistere anche a costo pressoché zero, proprio affinché nessuna dinamica all'infuori della pura passione possa limitare il nostro desiderio di esprimerci. SubTerra esiste già da diversi anni: non so bene dove andrà a parare, ma so che resterà come una specie di scrigno a custodia del nostro piccolo mondo, per chi vorrà e saprà cercare.
La filosofia di mettere a disposizione di tutti la tua musica tramite il download gratuito pensi che possa avere un futuro fra i giovani artisti o pensi che solo chi ha un lavoro fisso sufficientemente retribuito possa permetterselo?
Humpty Dumpty - Io immagino che la vita possa essere qualcosa di assai più flessibile e creativo di quanto non siano le forme che la irreggimentano dall’alto, ovvero a partire da modelli che confermano a tutti i livelli lo status quo imposto dalle élites economico-finanziarie. Condividere gratuitamente musica per me è un gesto dovuto e per nulla eroico, perché da insegnante guadagno il sufficiente per vivere. Aristotele diceva che affinché qualcuno si possa dedicare con profitto alla filosofia occorre che qualcun altro (gli schiavi) svolga i lavori più necessari. Oggi siamo tutti schiavi del sistema-lavoro, chi più chi meno, e per produrre e consumare unicamente il superfluo. La mia fortuna, ancor prima che economica, è di avere del tempo a disposizione. Gli insegnanti possiedono ancora una piccola fetta di tempo. Alcuni di loro osano persino utilizzarla per attività culturali. Come potrei essere Humpty Dumpty se dovessi lavorare otto o più ore al giorno? Tutto ciò che potrei fare è aspettare febbrilmente la domenica per andare allo stadio a sfogare la mia violenza repressa e imbottirmi ogni sera delle prurigini da Cronaca Vera di Bruno Vespa. Ma vedrai che presto tenteranno di farci lavorare di più, giustificandolo con qualche bel nuovo termine tecnico/pedagogico. Se gli esseri umani non si temessero così tanto, se trovassero giovamento e piacere nel fare le cose insieme, se potessero spalleggiarsi l’un l’altro contro il potere senza cadere nelle maglie d’un sistema che ci vuole tutti in guerra contro tutti per qualche spicciolo, allora sì che potremmo produrre musica gratis. In un mondo condiviso e realmente comunitario nessuno morirebbe di fame. Il potere sa che deve dividerci, settorializzarci, sottrarci l’abbondanza, riempirci di paure e venderci le sue cure.
Mi ha colpito molto l'affermazione contenuta nel tuo blog "contribuire alla diffusione della musica di valore è atto politico"
E qui tocchiamo un punto dolente. In Italia (non so bene altrove) la guerra civile a oltranza include a buonissimo diritto anche la categoria dei musicisti. Il mutuo aiuto nell’ambiente è merce rarissima. Ogni autore percepisce come grave minaccia per la propria “carriera” il (micro)successo d’altri autori suoi vicini di casa. Sono tutti concentrati su di sé, sui propri messaggi universali, sulle quisquilie della propria vanità (concessa, è bene ricordarlo, sempre dall’alto) da non rendersi conto che come categoria sono oggi alquanto screditati. Se non parlano male l’uno dell’altro è per questioni puramente pubblicitarie; quasi quasi preferisco Vasco Rossi e Ligabue che se le danno sui giornali. D’altra parte dov’è scritto che se sai scrivere una canzone devi anche essere uno che ha qualcosa da dire? Credo che di base noi si tenda a valutare un po’ troppo la figura del musicista. Ci sono persone mediocri in questo come in qualunque altro ambito. Tutti possono farsi crescere i capelli e trovare una melodia sul giro di do. Da parte mia credo moltissimo nel lavoro comune. Non come operazione di mini-marketing per farmi conoscere dagli ascoltatori di un “collega”, quanto per avviare percorsi umani e artistici che connettano in un’azione auspicabilmente unitaria un certo modo di intendere la vita e l’arte. Questa connessione avviene anche con i miei ascoltatori, con cui spesso capita di intrecciare un rapporto di stima e amicizia. Ogni parere, contributo, gesto di solidarietà o vicinanza diventa movimento concreto della mia creatività e umanità. Così mi piace intendere quello che faccio. In qualunque ambito.
Consigli a un artista italiano per sopravvivere con la musica indipendente ?
Per sopravvivere alla propria coscienza potrei darne, per esperienza, abbastanza. Ovviamente non varrà il precetto corrente di narcotizzarla o volgerla alla vanità. Per sopravvivere economicamente nelle condizioni di mercato attuali bisogna sbattersi molto e neppure ce la si fa, a meno di produrre triste musica di consumo. Direi allora di sostenere e incoraggiare solo gli artisti d’un qualche spessore umano e politico. Offrire loro incoraggiamento, aiuto logistico, occasioni di esibizione, contributi, stimoli. Dare così più mezzi a chi potrebbe re-investirli a vantaggio di una, chiamiamola così, rivoluzione culturale settoriale.
Sei molto parco e limitato nelle tue uscite live. Quanto è frustrante non poter diffondere a dovere la propria musica dal vivo?
Per forza di cose non ho grandi occasioni. Il mio lavoro, a cui dedico d’altro canto molto amore e tempo, non me lo consente. Ho poi una voce molto fragile. Non potrei forse permettermi di cantare più d’una volta alla settimana. Inoltre, sono decisamente più attratto dalle possibilità offerte dallo studio di registrazione (dal mio pc!) piuttosto che dalla dimensione live.
Parliamo del tuo ultimo disco e di tutte queste persone che ti hanno aiutato in fase di scrittura delle liriche.
In primo luogo c’è la mia compagna, Giulia Merlino, che mi ha aiutato a tutti i livelli. Ha scritto due testi (I giardini pensili e Condominium) e mi ha aiutato in un altro (Dissipatio humani generis); ha cantato con me L’assente e ha realizzato i cori di Nel mare; mi ha sostenuto, indirizzato e spronato come un vero direttore artistico. Grande fortuna poter condividere la vita con una donna così. Nessun uomo o donna può davvero realizzare sé stesso/a senza un compagno capace di condividere le proprie passioni e battaglie come Giulia fa con me. Quest’ultimo disco è ampiamente merito anche suo. Spero possa scrivere altri testi e collaborare sempre più massicciamente in futuro. Poi c’è Stefano Zuccalà che, quando in mezzo alle peripezie della sua vita un po’ maudit si ritaglia un po’ di tempo per scrivere un testo (o una poesia o un racconto: a tal proposito i suoi libri meritano certamente attenzione) lo fa davvero bene. Lo stesso Renato Q. ha conferito a Samurai lo status di “classico” e sappi ch’egli è un critico tanto lucido quanto parsimonioso nei giudizi. Oltre a Samurai Stefano ha scritto anche Stupida davvero. Per il testo di Nel mare mi ha aiutato Claudia Stella, ex Birdie Hop, artista dalla grande sensibilità che condivide con me la battaglia vegetariana e molti gusti musicali, titolare del progetto “La mela e Newton”. "Dissipatio H. D.” trae ispirazione dal romanzo del 1973 di Guido Morselli, “Dissipatio H. G.”, in cui si narrano le gesta (ma più ancora i pensieri) d’un uomo (Morselli stesso, che pochi mesi dopo si suiciderà davvero) che decide di sopprimersi, in una caverna, pochi minuti prima di compiere quarant’anni. Cambia idea (almeno nel romanzo) e torna nel mondo, dove non trova più alcuna traccia degli uomini. Al di là della bellezza del libro e del suo mood da età finale, mi sembrava divertente il triplo aggancio: il 1973 è il mio anno di nascita; ho compiuto da pochi mesi quarant’anni e H. G. che nel libro sta per “Humani generis” è stato agevolmente detournato in H(umpty) D(umpty). Più ancora, musicalmente, è stato il pretesto per “asciugare” la mia tendenza all’arrangiamento, rendere tutto più scarno ed essenziale (fruscio compreso) tentando allo stesso tempo di non perdere in comunicatività.
Vedendo il tuo profilo sul social networks si può notare che ascolti di tutto, hai qualche artista, italiano in particolare ma anche straniero, che ti stimola maggiormente?
Sono nato melomane e sin da bambino mi sono nutrito di tantissimi dischi. Lo devo in gran parte a una discografia paterna di livello qualitativamente sufficiente. Internet poi mi ha permesso di scoprirne tanta altra e di reperire, potendo entrare in contatto con tanti musicofili collezionisti, musiche che in altri tempi sarebbe stato particolarmente difficile poter persino ascoltare. Pensa al bel gruppo facebook “100 dischi senza i quali non potremmo sopravvivere”, che entrambi frequentiamo: condividere e approfondire la propria conoscenza lì è un autentico spasso. Resto convinto che internet sia uno strumento dalle ampie possibilità culturali, ove si sappia ben gestire e regolare la propria attività. Viceversa è una droga potentissima che assorbe la vita senza restituirle niente. I giovani ne sono le prime vittime. Ultimamente, e credo un po’ si senta da “Dissipatio H.D.”, il wyrd folk è la musica che ascolto con più “consonanza”. Fra gli italiani, a parte i miei mostri sacri noti e meno noti (Ciampi, De Andrè, Tenco, Faust’o, Camisasca, Pelosi) le influenze più dirette sono quelle degli amici con cui mi onoro di collaborare e i cui lavori ascolto con frequenza. A proposito: è uscito il nuovo disco di Calogero Incandela, si accorgerà prima o poi qualcuno che è un grandissimo?
Poesia e politica. Non sempre è facile farli andare a braccetto.
I testi sono la parte “difficile”, per quanto mi riguarda. Ho acquisito nel tempo una certa destrezza nel comporre canzoni. Ho centinaia di bozze registrate che aspettano solo una struttura e delle parole. Ma le parole non vengono a richiamo. La poesia, come lo spirito, ama i tempi lunghi e soprattutto non è a disposizione. Questo è uno dei motivi per cui m’è essenziale aprirmi a collaborazioni. Ma al di là di questo, mi piace intendere poesia e politica come intimamente correlate e unificate dall’urgenza di Bellezza. L’arte decorativa non produce Bellezza. Le piante da balcone non fanno la rivoluzione. Occorre piantare nuovi semi, nella terra selvaggia, nel fitto del bosco. Lontano dalla puzza di frittura di questo mercato.
Questo è tutto, per adesso. Non mancheranno occasioni in futuro per occuparci di te visto che regolarmente ti proponi con autoproduzioni e proposte musicali che a Distorsioni non mancheremo di certo di trattare ed approfondire. Ti siamo riconoscenti per il tempo che ci hai concesso e per il ricco approfondimento delle risposte che ti identificano come un personaggio originale e fuori dagli schemi. Un po' come vorremmo essere noi di Distorsioni. Grazie da parte nostra e dei nostri lettori.
È stato un grandissimo piacere, Rick. E complimenti a tutto Distorsioni, per il coraggio e l’indipendenza: due qualità tanto rare quanto preziose. Ad maiora!
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