Rise Against WOLVES
[Uscita: 09/06/2017]
Stati Uniti
Una band che da 18 anni a questa parte suona praticamente sempre la stessa musica può passare per noiosa, ripetitiva e destinata a scomparire. E invece i Rise Against sono sulla piazza dall’ultimo scorcio degli anni ’90 sempre con un discreto successo negli ambienti underground, americani ma non solo. Tutto quello che i Rise Against producono restando all’interno dei sicuri confini tracciati dalla loro “comfort zone” è sincero e credibile. Anche il nuovo “Wolves” (ottavo album in studio) conferma la band di Chicago alla vetta dell’odierno punk-hardcore melodico internazionale. Accolti sotto l’ala protettrice della Virgin Records, i Rise Against cancellano la sfortunata parentesi del precedente “The Black Market” (episodio del 2014 in cui la band provò timidamente a cambiare strada, senza successo) con un album che richiama, per temi e sonorità, “The Suffer & The Witness” (2006), il lavoro più pregiato della loro discografia. La formula che accomuna quasi tutte le 11 tracce (eccezion fatta per l’interamente melodica Far From Perfect e per Bullshit, in cui compare uno spiazzante intermezzo reggae) è data dalle veloci e serrate ritmiche punk-hardcore di batteria e di basso sulle strofe, che si aprono in atmosfere decisamente più melodiche sui ritornelli (dove a fare la parte del leone ci sono i riff di chitarra), per dare ulteriore risalto alla voce molto versatile di Tim McIlrath, che qui e lì si diletta anche con il suo caratteristico “screamo” (Welcome to the Breakdown, Parts Per Million).
La cosa più interessante è il ritorno della band a testi socialmente e politicamente impegnati, ispirati dagli eventi del 2016. Un gradito “coming back” che si intravede fin dal riferimento ai “lupi” che danno il titolo al disco e alla prima traccia, per proseguire con un’esplicita critica anti-Trump in Mourning In Amerika e soprattutto nelle liriche di How Many Walls, uno dei brani più marcatamente hardcore del disco, pervaso da un testo che denota il profondo spessore intellettuale di McIlrath, merce piuttosto rara in un genere che rischia spesso di sfociare nel banale. Una caratteristica ribadita a più riprese nell’album (Miracle, Politics of Love) fino all’esplosione di The Violence, canzone che spicca per un testo con un acuto taglio filosofico, in cui troneggiano dissacranti domande senza risposta sulla natura violenta dell’uomo, acuita da accadimenti recenti (“Are we not good enough?/Are we not brave enough?/Is the violence in our nature/Just the image of our maker?”). Wolves è un album solo apparentemente semplice, in realtà riesce a coniugare con intelligenza strutture musicali hardcore coinvolgenti e temi di attualità spinosi, trattati con un occhio critico e consapevole che poche altre band possiedono.
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