Utada Hikaru FANTôME
[Uscita: 28/09/2016]
Giappone #consigliatodadistorsioni
L’ultimo lavoro dell'artista giapponese Utada Hikaru (Hikki) è dedicato alla defunta madre, ma è stato concepito in un periodo “vitale”: il nuovo matrimonio, l’attesa e la nascita del figlio. Il titolo stesso “Fantôme” (dal francese “fantasma”) vuole indicare una “presenza”: “Per un periodo, vedevo mia madre ovunque girassi lo sguardo, e in certi momenti mi sentivo triste anche se guardavo il viso sorridente di mio figlio. Tuttavia, nel processo di creazione di quest’album, quei sentimenti confusi si sono pian piano riordinati. [...] La mia esistenza è cominciata da mia madre, quindi se la sento esserci come una “presenza”, allora va bene così.” Il pezzo di apertura, Michi (Strada), è il primo espressamente a lei dedicato: “Anche se è una strada sulla quale ero convinta di avere camminato da sola / il principio sei stata tu / È una strada solitaria / ma io non sono sola / Mi sento così”. Ore no kanojo (La mia ragazza) vede Hikki dividersi nel duplice ruolo di un uomo che tratta la sua donna superficialmente e questa stessa che nasconde una grande profondità emotiva. Un pezzo che si divide in una metà cool e una passionale. Hanataba wo kimini (Un mazzo di fiori per te) è tanto vivace quanto struggente: “Ti regalerò un mazzo di fiori / persona amata, persona amata / tutte le parole che io metto insieme / comunque non possono rappresentare la verità, e quindi / oggi te lo regalerò, un mazzo di fiori dal colore di lacrime.” Nijikan dake no vacance (Una vacanza di sole due ore) è realizzata in duetto con un’altra aliena, Sheena Ringo, che con il suo caratteristico e inconfondibile timbro fa da contrappunto a Hikki in modo molto interessante.
Tomodachi (Amico) tratta dei sentimenti di una persona che si è innamorata di un’altra dello stesso sesso. Da un punto di vista musicale il brano ha un passo e un’atmosfera piuttosto lieti, ma le parole trasmettono la sofferenza del cercare di stare accanto alla persona amata, fingendo di esserne semplicemente amici, per paura di venire detestati. Manatsu no tōriame (Pioggia passeggera di mezza estate) dimostra nuovamente l’abilità di Hikki di tenerci con i soli suoni del piano e della sua voce incantati, sospesi nel tempo verso un finale che si innalza come una marea. Bōkyaku (Oblio) è cantata insieme all’artista hip-hop Kohh, ma non riusciamo ad apprezzare la sua voce da "ragazzotto imbronciato". Sakura nagashi (Ciliegi di passaggio), già uscito nel 2012, come brano di chiusura va molto bene: emozionale e profondo. Questo album non contiene quasi nessuno degli elementi che avevamo sperato di ascoltare: le atmosfere di Passion, l’impeto di Kremlin Dusk, l’ipnosi di You make me want to be a man, la sensazionalità di This is love. Eppure ha un qualcosa che si insinua sotto la pelle. Hikki sostiene di pensare a se stessa più come a una compositrice che una performer, ma sta di fatto che la sua voce e l’umanità che essa veicola con questi splendidi brani, sono proprio come una presenza che penetrano dentro l’ascoltatore, e si aggirano tastando qua e là, alla ricerca di una sua debolezza, di una sua piega dello spirito.
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