Findlay Brown SLOW LIGHT
[Uscita: 04/09/2015]
Inghilterra #consigliatodadistorsioni
Findlay Brown viene dallo Yorkshire dove ha passato gran parte della sua gioventù, catturato dalla musica rock al punto da vendere dei rari autografi dei Beatles per comprarsi la sua prima chitarra e per cercare fortuna altrove. Verso i 30 anni compone le sue prime cose, sfociate infine nei suoi due album da solista, "Separeted by the sea" (2007) e "Love will find you" (2008), quest'ultimo per la prestigiosa Verve Forecast. Uno stile compositivo che si rifà ai grandi songwriter inglesi dei settanta, con qualche traccia di soffice psichedelia.
I due dischi pur molto interessanti non attirano l'attenzione di nessuno e dopo due susseguenti ep di lui sembrano perdersi le tracce. Poi la scintilla, le letture di Rumi e del noto Kahlil Gibran sembrano spalancare una porta a Brown che prova a indirizzare la sua musica verso nuovi orizzonti. Lo stesso artista sottolinea che per questo nuovo album si è ispirato ai grandi minimalisti americani come Terry Riley e Philip Glass, in teoria una bella sterzata rispetto ai primi lavori.
Quello che è venuto fuori è questo interessante e spiazzante "Slow light", il disco più atipico e coraggioso della sua breve discografia. L'apertura di Run home però sembra indicare che non molto è cambiato nel modo comporre di Brown, una morbida balda acustica con i soliti riferimenti ai grandi del passato. Dentro a "Slow light" ci sono canzoni anche migliori di questa, alcune davvero stupende, Made of stone, l'intensa Make a getaway, bellissima, così come la purissima Mountains falls for the sea, gioiellino acustico.
Anche il singolo di presentazione del disco, Ride into the sun ha buone frecce nel suo arco, di certo la song più orecchiabile di tutte. Vi starete chiedendo allora dove sono i minimalisti in questo disco. Ed in effetti i due brevi intervalli strumentali, Emeralds e Beyond the void (Part II), posto in chiusura, richiamano decisamente Glass e Riley ma appaiono come semplici appendici sonore ad un lavoro ben distante da quelle sonorità. Chissà, forse sono solo esperimenti per future deviazioni sonore. Per adesso non ci resta che promuovere Slow light, l'ennesimo disco riuscito di Findlay Brown, magari anche il suo migliore.
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