Bill Brovold & Jamie Saft SERENITY KNOLLS
[Uscita: 31/03/2017]
Stati Uniti
Jamie Saft, acclamato principe delle tastiere dell’attuale scena free music americana più ostica e sperimentale, coglie di sorpresa con un inaspettato disco di chitarre in duo con Bill Brovold, chitarrista già alla corte di Rhys Chatham, East Village, Zen Vikings e leader dell’ensemble post rock Larval. Cosa poteva scaturire dall’incontro di queste due anime newyorkesi in perenne movimento tra le musiche del mondo? Senz’altro un album particolare e affascinante come questo “Serenity Knolls” dove il barbutissimo tastierista abbandona organo e piano per imbracciare la chitarra slide (ma anche dobro e lap steel) producendosi in infiniti arabeschi semiacustici sugli accordi strascicati di Bill Brovold dividendosi equamente i due canali stereo in una dozzina di brani lenti e morbidi dal fascino indiscusso.
Conoscendo l’attitudine dei due protagonisti non poteva comunque essere un disco “facile” e infatti non lo è, essendo un album in cui bisogna calarsi profondamente per coglierne l’essenza e le mille sfumature che a dispetto dello spirito di serenità rurale, comunque protagonista, professato dai due sodali, sfocia, a volte, nel blues più oscuro e spettrale come nel caso di Sweet Grass o Mitchimakinak.
Altrove è diverso: si spazia da un country obliquo e liquido con momenti di astratta rarefazione tesa ad evocare quella degli ampi e bucolici spazi rurali americani richiamati nella copertina, nel titolo dell’album e di diversi brani quali Saddle Horn, No Horse Seen o The Great American Bison, ai rumorismi sperimentali di Brovold sui quali Saft svisa sottilmente (Wendigo), al meraviglioso esperimento ambient psichedelico di Greybull che si libra sospeso nell’aria etereo e misticheggiante. Non può non venire in mente il maestro Ry Cooder in più di un’occasione, anche se qui la cifra stilistica del country del grandi paesaggi americani è alterata dagli sperimentalismi, dalla psichedelia (Serenity Knolls è anche il luogo dove morì Jerry Garcia) e da una predisposizione ambient atta a dilatare e a stravolgere i canoni più risaputi del genere. Un altro paio di brani, Thermopolis e Serenity Knolls che titola il disco, attingono, crediamo assolutamente inconsapevoli, agli sperimentalismi chitarristici del David Gilmour psichedelico dei Pink Floyd di “Ummagumma” e dintorni, il risultato complessivo è di innegabile e coinvolgente seduzione.
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