Stefano Edda Rampoldi ODIO I VIVI
[Uscita: 28/02/2012]
# Consigliato da DISTORSIONI
‘Dieci ragazze per me...’ diceva una vecchia canzone. Dieci ritratti al femminile compongono il nuovo disco di Edda (Stefano Rampoldi). Un disco aspro, di una sincerità disarmante. L'ex cantante dei Ritmo Tribale (da riscoprire assolutamente almeno i primi due dischi, “Boccachiusa” e “Kriminale” ) ci presenta un'opera complessa, che esce dai limiti sia del rock che del cantautorato. I testi scavano nel vissuto di Stefano senza reticenze: ‘Ho sbagliato tutto nella vita ma ho avuto te... se mi vuoi so fare la serva’ , ‘Perchè gli amori amore mio finiscono le madri amore mio uccidono’ (Emma); ‘Odio i vivi ho i miei motivi’ (Odio i vivi); ‘L'amore diventa merda dopo due settimane...I miei amici hanno figli figli figli, io ho sempre fame’ ( Anna). L'asprezza dei testi si riflette nella musica, che pure ha momenti di dolcezza inaspettata, come in alcuni passaggi di Emma, sottolineati da archi romantici. In Anna le chitarre si fanno quasi atonali, eppure anche qui affiorano momenti di dolcezza, stavolta sottolineata dai fiati, che riappaiono con una melodia grandiosa nella finale Tania, dolcemente jazzata.
Brani come la title track o Topazio non sono di facile ascolto per gli adepti della melodia all'italiana, ma la scrittura, a cui ha collaborato Walter Somà, all'ascolto attento si rivela straordinaria. Le partiture sono complesse, mentre le singole parti dei musicisti sono all'apparenza semplici, ma sono perfette per come si incastrano tra loro. La voce di Edda può essere un grido lancinante, un sussurro, una richiesta d'amore e si intreccia continuamente con le parti degli ottimi solisti, tra cui citiamo Alessandro “Asso” Stefana (chitarre), Achille Succi (fiati), Cesare Picco (pianoforte). Non è un disco facile, al primo ascolto può allontanare l'ascoltatore poco avvezzo ad opere sperimentali. Ma non bisogna lasciarsi spaventare e immergersi nello stream of consciousness letterario e musicale di Edda. Allora si scoprirà un disco straordinario, che si candida già alle playlist di fine anno. Di sicuro un'opera importante per il rock italiano, rock nel senso più ampio perché in questo disco convive con jazz, sperimentazione, cantautorato, un disco con cui tutti i nuovi autori italiani dovranno fare i conti.
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