Yishak Banjaw LOVE SONGS VOL.2
[Uscita: 04/11/2016]
Etiopia #consigliatodadistorsioni
Parlare di musica Etiope non è più cosa circoscritta a certi salotti radical chic. Il merito in parte è della pellicola di Jim Jarmusch “Broken Flowers”, per la quale uno dei suoi maggiori esponenti, Mulatu Astatke, ha realizzato parte della colonna sonora. In seguito diversi produttori di fama mondiale (Nas, Damian Marley, Madlib, Kanye West) ne hanno abusato, utilizzando campionamenti di musica etiope in alcune delle loro tracce più famose. L’etichetta ellenica Teranga Beat che fino ad ora ci aveva deliziato esclusivamente con ristampe di materiale raro dal Senegal e dal Gambia, apre le sue porte alla costa orientale africana con questo pregiatissimo lavoro dal sapore ipnotico e minimal wave. “Love Songs vol.2” è materiale suonato e registrato ad Addis Abeba nel 1986, a casa del musicista Yishaw Benjaw, e fa parte di una serie di sette cassette stampate e distribuite solo in Etiopia. Come spesso è accaduto a molti altri musicisti etiopi di quegli anni, a causa della complessa situazione politica del Paese, l’artista non riuscì ad acquisire il successo sperato, nè tantomeno arrivò ad un pubblico internazionale. La sfida dell’autore è stata quella di portare la tradizione della melodia etiope all’interno di un’atmosfera psichedelica e minimale, attraverso sonorità inedite, apparse in quegli anni solo oltreoceano grazie a compositori quali Raymond Scott o in Italia con certi lavori di Piero Umiliani sotto pseudonimi quali Moggi o Zalla.
Ciò che rende questo disco così ipnotico, oltre ai ritmi della drum machine e alle scale che si ripetono nelle varie tracce, è soprattutto il suono delle tastiere: quello che ad un primo ascolto sembrerebbe un sintetizzatore analogico degli anni ‘70, nelle note di copertina risulta essere un Casio della serie PT, molti bambini l’avranno posseduto negli anni ‘80. Scelta non occasionale in quanto Yishak Benjaw (nella foto a destra) possedeva già un’ottima tastiera Godwin, ma fu rapito da quei suoni spaziali e lo-fi al punto da noleggiare la tastierina da un amico e suonarci tutto l’album. Per produrre un ottimo disco non sempre serve una strumentazione professionale: a volte i limiti e la sperimentazione possono offrire un terreno più fertile.
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