AA.VV. HANOI MASTERS: WAR IS A WOUND, PEACE IS A SCAR
[Uscita: 27/03/2015]
Vietnam #consigliatodadistorsioni
Ormai affermatasi nel giro di pochissimi anni come una delle label più importanti nell'ambito della world music, adesso l'etichetta tedesca Glitterbeat messa su da Chris Eckman inaugura una nuova collana, Hidden Musics, dedicata a scoprire musiche che fino a ora non avevano conosciuto diffusione presso il pubblico occidentale. E scelta difficilmente poteva essere più azzeccata di questa per iniziare. Non a caso è stato scelto il Vietnam, paese musicalmente pressoché sconosciuto da noi, ma che fra un mese celebrerà i 40 anni dalla fine dell'American War, una guerra crudele che ha segnato profondamente la vita dei vitenamiti, fra lutti e distruzioni. Il bellissimo titolo della raccolta, in italiano «La guerra è una ferita, la pace una cicatrice», non potrebbe essere più chiaro sugli intenti dell'operazione. I musicisti che il produttore Ian Brennan ha invitato a suonare durante la sua permanenza ad Hanoi sono stati a vario titolo coinvolti nell'esperienza bellica, e questa ha lasciato su di loro e sul loro popolo cicatrici tanto profonde quanto indelebili; le loro biografie si dividono fra chi alleviava le truppe con le sue canzoni, chi appena adolescente ha iniziato a combattere, chi svolse le funzioni di capo villaggio, chi ha subito lutti tremendi. Questi veterani si sono esibiti dal vivo davanti ai microfoni di Brennan, senza che vi fosse alcun intervento o mediazione esterna interpretando canzoni tradizionali o che ebbero diffusione durante la guerra.
Il risultato è un disco di commovente pathos, profondamente evocativo di sentimenti di nostalgia, di malinconia con un forte senso della perdita e della morte. Non serve conoscere le parole, basta accostarsi con empatia alle melodie, alle armonie, alle sonorità, certo a primo ascolto ostiche, per entrare in sintonia con la vena comunicativa dei musicisti e con lo straordinario potere che la musica ha di parlare e connettere culture e tradizioni molto lontane. Come non emozionarsi di fronte al lamento che si innalza dalla voce stanca e melodiosa di Phąm Mộng Hắi evocatrice del ricordo doloroso che non si può e non si deve rimuovere e che si libra tremula su una variegata armonia di percussioni? Strumenti questi che sono protagonisti anche nel nervoso e drammatico duetto fra voce maschile e femminile in Heroine Song di Xuẳn Hoạch, che interpreta anche la suggestiva Gratitude, nello stile dei musicisti ciechi che portavano la loro musica di villaggio in villaggio, con un botta e risposta fra la voce e lo strumento a corda. Ma la scoperta più sorprendente e affascinante si deve a due brevi brani di Quôć Hùng che si esibisce nel tradizionale K'ni, uno strumento a una sola corda che si tiene fra i denti e sulla quale la voce subisce mutazioni che creano un suono molto futuristico che potrebbe ricordare il vocoder o il Theremin. In conclusione un disco che allarga gli orizzonti musicali, dandoci modo di conoscere e apprezzare musiche solo apparentemente così lontane, ma così vicine nel saper parlare al cuore e all'anima.
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