Robert Pollard BLAZING GENTLEMEN
[Uscita: 03/12/2013]
Probabilmente a Robert Pollard una vita sola non basta. Non gli è sembrato abbastanza appagante nel 2012 riunire i suoi Guided By Voices per una logorroica reunion lunga ben 3 dischi (“Let's Go Eat The Factory”," Class Clown Spots a UFO” e "The Bears For Lunch”) ma addirittura ha trovato il tempo per pensare a cosa farne della sua attività solista. D'altronde, per uno che ha a palmares qualcosa come 20 album personali, con una carriera iniziata ufficialmente nel 1986, lavorare su più progetti contemporaneamente dovrebbe essere una cosa da niente. “Blazing Gentlmen” arriva a fine 2013 e, di fatto, non aggiunge e non toglie nulla ad una delle più spettacolari carriere del circuito Lo-Fi americano. Il maestro di Dayton (è maestro elementare. Se lavora così bene anche nel campo dell'istruzione la prossima generazione musicale dell'Ohio sarà qualcosa da seguire con interesse) si confronta nuovamente con la propria capacità di scrivere pezzi accattivanti, segnati da un filo logico e filosofico preciso anche se sfuggente. Il risultato complessivo lascia più di una perplessità. Il primo impatto col disco arriva già dalla tracklist: 16 pezzi. Attimo di smarrimento, occhi sgranati, per poi riflettere sulla durata di ogni singola canzone. 32 minuti totali di classico rock americano, power pop a tratti consistente (“Red Flag Down” e soprattutto la title track del disco), momenti di divertimento spesso autoindotto (“Tonight's The Rodeo” ) e la voce dello stesso Pollard mai diversa da come la ricordavamo.
Era e resta un eccentrico del pop e anche nei pezzi leggermente più elaborati come Storm Center Level Seven ,My Museum Needs An Elevator o Extra Fool's Day si avverte (quasi si tocca) la ricerca ed il connubio tra l'aspetto più popolare della sua musica (che pesca a piene mani nell'immaginario a stelle e strisce) ed i passaggi alla Kinks dispersivi, dissonanti, abrasivi. E' come trovarsi a passeggiare nuovamente su sentieri e strade che conosci benissimo. Come tornare a casa dopo aver vissuto per anni all'estero. Per un po', tutto ti sembra di nuovo meraviglioso e sei pronto ad abbandonarti ai ricordi. Passa qualche ora e tutto diventa ripetitivo, ti rendi conto di come il paesaggio non sia mutato dall'ultima volta che lo hai visto e anzi, cominci a ricordarti perchè te ne sei andato. Non che ci dispiaccia tornare nuovamente a respirare una certa aria, per carità. Il sentimento dell'emozione da ritorno è qualcosa che serve, soprattutto quando ci si imbatte nei grandi vecchi del rock americano. Dura poco. Indubbiamente poco. E ciò che rimane è il panorama di sempre, che conosci benissimo ma che non ha più niente da offrirti.
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