Beady Eye BE
[Uscita: 10/06/2013]
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Liam Gallagher è sempre stato un cantante e front-man carismatico. Personaggio a tutto tondo, arrogante e spaccone, spigoloso ed irriverente, unico per la sua strascicata cadenza interpretativa e l’inconfondibile voce nasale. Così era negli Oasis dei tempi che furono, anche in periodi opachi e caotici, e in massima misura nei capolavori della loro discografia, da “Definitely Maybe” a “(What’s The Story) Morning Glory?”, da “Be Here Now”, passando per “The Masterplan”, fino all’ultima fatica “Dig Out Your Soul”. Un sound classico ma freschissimo che i Gallagher resero immortale. Poi arriva lo spartiacque del 2009 ed in rapida successione dapprima il 2011 e successivamente “Different Gear, Still Speeding”, primo album in studio dei Beady Eye, e da allora ci domandiamo quasi ossessivamente cosa abbia mai ispirato quello stesso Liam e nondimeno ciò che resta degli Oasis (Gem Archer: guitar & Andy Bell: bass guitar) più il batterista nuovo arrivato Chris Sharrock (Icicle Works, The Lightning Seeds, World Party), per incidere quell’esordio. Che non è una domanda peregrina e neppure particolarmente offensiva, visto il lavoro mediocre: una considerazione che sorge spontanea poiché il loro progetto appare una vacua ed improvvisata espressione di un déjà vù melodico che non riesce a convincerci. Altresì ritenemmo che nonostante una critica clemente nei loro confronti, quel lavoro fosse una buona motivazione in negativo per una dignitosa ritirata dalle scene musicali: invece a due anni di distanza eccoci a recensire “BE”. La chiave di lettura del secondo album dei Beady Eye, è una sola: canzoni pessime e la colpa è tutta di Liam Gallagher. Insistere ancora su un target compositivo e su songs che non aggiungono e mai aggiungeranno nulla alla produzione dei tanto amati John Lennon, Beatles e Rolling Stones, appare come un assunto inattaccabile ed assoluto. Non volerlo capire è il più tragico dei masochismi. Il classico rock inglese non ha richiesto a Liam un nuovo lavoro dei Beady Eye e nuove canzoni, quindici per l’esattezza, per la maggior parte ballads: il feedback che ne riceviamo è la quintessenza di ciò che un album non dovrebbe mai essere, senza anima e spina dorsale, dal passo incerto e dalla puzza di chiuso, privo di ispirazione, applicazione, passione e originalità. Sarebbe ora di smetterla caro Liam col citazionismo ad oltranza di suoni, accordi, riff e parole (oltre alle ripetizioni ad libitum di certe ricorrenti espressioni da te amate: ‘… come on’, ‘… shine a light’) che connotano “BE” come un niente assoluto, di cui nulla ci rimane in testa, a parte malinconia e la nostalgia dei tempi andati. Gran bei momenti gli anni ‘90, gran bei momenti quel Liam Gallagher.
Matteo "Jimmy Jazz" Giobbi
Voto: 4/10
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Abbiamo deciso di scrivere una recensione alternativa del secondo nuovo lavoro dei Beady Eye di Liam Gallagher, il ‘caino’ tra i due fratelli che hanno creato il successo planetario degli Oasis, non per il partito preso dei dischi importanti, o perché il nome altisonante dell’arrogante, spaccone, spigoloso ed irriverente artista anglosassone ci faceva sentire in soggezione, ma solo dopo aver preso atto della stroncatura – che è d’uopo leggiate - del collega che mi ha preceduto, ed ascoltato due volte le 15 songs di “BE”. Certo, forse il disco è troppo lungo, la solita tabella di marcia di undici o dodici songs lo avrebbe prosciugato di qualche compiacenza onanistica ed avrebbe funzionato di più e, ma che il tutto sia colpa di Liam (come afferma il mio collega) non ci piove, anche delle ispiratissime canzoni (la stupenda Back after the break con un inciso melodico da urlo, Soon come Tomorrow, Soul love, Don’t bother me, tutte una spanna sopra la stessa Second bite of the apple, il singolo tratto dal disco) che per fortuna qualcuno è ancora capace di scrivere. Se si pensa che è sempre stato Noel brother ‘abele’ il motore, il fulcro compositivo e musicale degli Oasis, e che se si dà uno sguardo ai credits dei sette album in studio tra il 1994 ed il 2008, le composizioni firmate Liam si possono contare a malapena sulle dita delle mani, allora può anche venire il sospetto che solo dopo aver messo su Beady Eye, con “Different Gear, Still Speeding” e questo “BE” caino abbia trovato la libertà necessaria per esprimere al meglio la sua ispirazione compositiva. Nelle quattro songs suddette, ma anche in Off at the next exit, Flick of the finger, Don’t brother me (ogni allusione dovrebbe essere assolutamente intenzionale) Liam e Gem, Andy e Chris - che hanno contribuito in fase compositiva - hanno raggiunto delle assolute eccellenze: certo signori, perché nel 2013 resta sempre ardua - ma necessaria come l’aria che respiriamo! - l’arte di scrivere delle ‘canzoni’ che riescano ad emozionare, a far accapponare la pelle; al di fuori di ogni sterile, manichea e ‘tormentosa’ contrapposizione caino-abele tra i due Gallagher brothers, Liam conferma al mondo intero che è bravo almeno quanto Noel, il cui progetto e disco “Noel Gallagher's High Flying Birds” (2011), se proprio bisogna fare le pulci, non ha certo brillato per originalità. Ma a rendere invece alquanto diverso questo ”BE” dal sound del gruppo madre, a prosciugarlo dall’enfasi e dai gigantismi che gli erano peculiari, crediamo abbia molto giovato la produzione di Dave Sitek, chitarrista degli americani Tv On The Radio, che ha cercato invece di valorizzare l’aspetto più ‘gloomy’ e malinconico del songwriting di Liam, creando un suono placentale e tratti strumentali dalle atmosfere quasi ambient, in odore di trip hop, come nella lunga coda di Don’t brother me, nella ‘dopata’ e truccata Dreaming of some space, che riprende da dove Lennon si era interrotto con Strawberry Fields Forever o nell’ambiziosa The World’s not set in stone dal finale denso (anche di archi) in cerca di una ‘nuova’ psichedelia pop in sintonia con il terzo millennio. Forse è questo a cui alludeva Liam Gallagher parlando di BE: “Lavorare con Sitek ci ha spalancato delle porte. Quando abbiamo composto l’album abbiamo ritrovato la concentrazione e fatto insieme le nostre cose. E con le teste libere, nessuna porcata anni Novanta”, o lo stesso Sitek “Abbiamo usato la strumentazione da rock band in maniera diversa”. Certo è che il nuovo lavoro dei Beady Eye ha una sua forte identità e dignità, rappresentando più di un passo in avanti rispetto la discografia Oasis. Ecco, ora avete ascoltato anche un’altra campana: potete scegliere in assoluta libertà, se proprio necessario, da che parte stare: se con caino o con abele.
Pasquale Wally Boffoli
Voto: 7/10
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