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3 Aprile 2014

Qirsh SOLO ANDATA

2013 - Autoproduzione / Lizard Records

Qirsh SOLA ANDATA L’etichetta italiana Lizard ci ha ormai abituato a una vasta gamma di produzioni che rientrano solo di straforo nel progressive rock propriamente detto (nato negli anni ’70 come genere di ricerca e sperimentazione e oggi paralizzato nel suo sviluppo dai suoi stessi clichè); i titoli del catalogo Lizard sono spesso lavori di frontiera, eclettici, difficilmente collocabili e intellettualmente vivaci. È il caso di questo “Sola andata” dei savonesi Qirsh. La storia della band è quantomai curiosa: nati come cover-band in età adolescenziale, autori di un primo demo autoprodotto, intitolato “Una città per noi”, attorno alla metà degli anni ’90, hanno visto le loro strade dividersi, come accade a molti gruppi giovanili, quando sono “diventati grandi” e hanno dovuto affrontare le responsabilità dell’età adulta, gli impegni, il lavoro. Ecco, proprio il lavoro li ha portati tutti a viaggiare tanto, alcuni di loro a trasferirsi lontano dalla loro Liguria, in alcuni casi temporaneamente, in altri stabilmente. Finché oggi, a celebrazione dei vent’anni di attività musicale a nome Qirsh (seppur occasionale e interrotta da lunghe pause), i sei componenti-chiave del nucleo originario si ricompattano e danno vita a questo bell’album intitolato “Sola andata” dove naturalmente è il tema del viaggio a fare da legame tra le varie tracce, come in una sorta di quasi-concept album che in realtà proprio un concept non è, dal momento che ogni viaggio fa storia a sé.

 

Nel disco, dicevamo, troviamo la più solida formazione dei Qirsh, guidata da Daniele Olia (voce, chitarre, tastiere) e completata dai fratelli Andrea Torello (basso) e Michele Torello (chitarre), da ben due tastieristi, Leonardo Digiglio e Pasquale Aricò, e dal batterista Marco Fazio. La realizzazione dell’opera è profondamente “home-made”, con la produzione del suono affidata ad Andrea Torello e la grafica a cura di suo fratello Michele: ciònonostante il sound non ne risente affatto e non suona per nulla “casalingo”, anzi; è un’opera ricca di sonorità possenti, intense, variegate, che appagano le orecchie dell’ascoltatore. Prog-rock di frontiera, dicevamo: nelle varie tracce troviamo infatti profonde contaminazioni, dal suono post-new wave alla CSI dell’opener Artico, alle suggestioni etniche di Mercato Ghardaia, mentre è nello strumentale Mayflower che emerge la tradizione del progressive rock più epico e mediterraneo, di band come Pfm, Banco e Osanna. A parte questa traccia, che è una vera esplosione di colori, i momenti più intimisti ben disseminati nel corso del disco, tra ambient e post-rock, non sfigurerebbero in una produzione dell’etichetta KScope. I testi sono eclettici quanto le musiche, e ci raccontano viaggi sempre pervasi da un senso di inquietudine, di cupezza, di angoscia, ma lo fanno sempre in modo affascinante, mai opprimente.

Alberto Sgarlato

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