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8 Ottobre 2016 ,

Green Day REVOLUTION RADIO

2016 - Reprise Records (Warner Bros.)
[Uscita: 07/10/2016]

Stati Uniti

 

green day coverIl tanto atteso grande ritorno dei Green Day, il nuovo lavoro “Revolution Radio”. Un album particolarmente agognato dai fans, impazienti di celebrare i 30 anni di carriera della band californiana e vedere come i GD sono usciti da un quadriennio (quello successivo alla non fortunatissima trilogia “Uno! Dos! Tré!”) complicato, caratterizzato dalla lotta di Billie Joe Armstrong alla dipendenza da psicofarmaci, e dalla battaglia di Jason White (seconda chitarra) e della moglie di Mike Dirnt (basso) contro il cancro (fortunatamente vinta). All’ascolto, il disco appare fuorviante fin dal titolo: l’annunciata rivoluzione è solo su carta, perché nei suoni e nei temi Revolution Radio rappresenta una sorta di ritorno al primo decennio 2000, quello della nuova esplosione del fenomeno GD su scala mondiale. Un album che richiama lo slancio impegnato e profondo di American Idiot, ma a cui manca quella carica monumentale che rese il disco del 2004 un capolavoro. Il tentativo, comunque, è pregevole, se si ascoltano i primi due singoli estratti, Bang Bang e la title-track: il primo denuncia la vendita selvaggia di armi negli USA, mentre il secondo si configura come brano che dà voce alle proteste degli afro americani. Il tutto condito dal pop punk marchio di fabbrica della band. Tema sociale richiamato anche in Say Goodbye, una marcetta punk sulla violenza, e in Trouble Time, un power pop francamente non indimenticabile.

 

Non mancano, però, anche pezzi più profondi, come la nostalgica Oulows o Still Breathing, il terzo singolo estratto che sarà destinato a rimanere una presenza fissa nei concerti a venire: una power ballad tipica dello stile della band, in cui Billie Joe (foto a sinistra) apre il suo billie-joe-armstrongcuore, parlando della vita di ragazzo rimasto orfano di padre all’età di 10 anni (…I’m like a son that was rised without a father…  la toccante dichiarazione nel mezzo del pezzo più bello dell’album). Nel complesso, resta un buon album che, tuttavia, non dice né più né meno di quanto avevamo già sentito negli ultimi anni. Dopo il mezzo flop della trilogia precedente targata 2012, la band di Oakland ha preferito tornare sul sicuro, puntando su suoni consolidati che i fan della prima e della seconda ora non possono non amare: chiari i rimandi a 21st Century Breakdown nella traccia d’apertura Somewhere Now (in cui Billie accenna alla rinascita dopo il periodo buio della rehab) e l’omaggio ad American Idiot di Forever Now, pezzo che richiama il sound aggressivo ma al contempo avvolgente di Letterbomb.

greenLa vera rivoluzione, quindi, è il ritorno all’antico e all’antichissimo, espresso dal tris di pezzi Bouncing Off the Walls, Youngblood (dedicata da Billie alla moglie Adrienne), Too Dumb to Die, brani dalle sonorità adolescenziali che richiamano la freschezza dei primi successi. Scelta confermata anche dalla chiusura affidata alla ballatona Ordinary World, pezzo quasi country con cui i Green Day si riannunciano al mondo, dimostrando di avercela fatta ancora una volta  a confermarsi le ultime rock star in attività. Una band capace di ripetersi senza annoiare. In definitiva, dopo quest’album, chi li ama continuerà ad amarli, chi li odia continuerà a considerarli bambinetti che non vogliono crescere. In fondo spaccare l’opinione pubblica a metà è prerogativa solo dei grandi.

Voto: 7/10
Riccardo Resta

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