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26 Settembre 2021 , ,

Low HEY WHAT

2021 - Sub Pop Records
[Uscita: 10/09/2021]

Per il filosofo francese Jacques Derrida la decostruzione è ciò che conduce una struttura logica al suo punto di rottura, utilizzando i suoi stessi materiali argomentativi, la sua stessa architettura, però in termini tali da farla sembrare come del tutto nuova. In questo senso, la decostruzione è qualcosa che spalanca ad infinite possibilità, facendo scaturire il futuro non dall’esterno ma da elementi interni a sé. Lo stesso concetto vale per la filosofia ma anche per l’arte intesa come chiave per esprimere la vita. La musica di Alan Sparhawk e Mimi Parker da sempre si radica in un territorio di materia e spirito dove il gospel è il seme gettato sul selciato di strade dimenticate da cui fare germogliare lo stupore. Se “Double Negative” inaugurava una fase di mediazione tecnologica uomo-macchina, sondando i recessi del dualismo cibernetico che fonde il silicio alle fibre dell’anima, il nuovo “HEY WHAT” porta a compimento quella stessa evoluzione, continuando e amplificando il flusso di intensità con un maggiore livello di compiutezza. Le nuove canzoni hanno un cuore pulsante custodito dentro strati di materiali abrasivi, come il corpo di un neonato avvolto in una pellicola ferrosa che non è in grado di ferirne mai la pelle. In questo specifico senso si compie il percorso decostruttivo dei Low, la loro mutazione esistenziale che si nutre del proprio immaginario per creare qualcosa di diverso, facendo entrare il mondo in spazi inimmaginabili e ridurlo in mille frammenti luminosi. Da un lato la musica di “HEY WHAT” è slabbrata, distorta, a tratti disturbante, dall’altro la voce di Alan e Mimi esplode in tutta la sua forza da un canale centrale che lascia senza fiato, in una dinamica che avvolge l’ambiente circostante. La produzione è curatissima nella costruzione delle frequenze medio basse che fanno vibrare le pareti e nei dettagli che sembrano portare ogni brano alla deriva, mantenendo sempre un equilibrio impossibile ai più. Le chitarre di Alan scompaiono o, meglio, subiscono una profonda elaborazione che ne sconvolge i tratti, così come scompare anche il drumming metronomico di Mimi. L’elemento ritmico è assorbito dalle sospensioni dei suoni, tutti confluenti in un fondale di rifrazioni mai prima d'ora così cinematiche. L’opener White Horses inizia con reverberi e glitch di tipo industrial su cui si poggia un intreccio di voci che innesca il rimbalzo di suoni su una scena che si sgretola e lascia una coda di droni da cui nasce la successiva I Can Wait, delicata e toccante come l’alba immaginata dai Sigur Ros. All Night ha una costruzione lenta ma che si autodistrugge in un bozzolo di inquieta elettricità, Hey ha una valenza cosmica in cui immaginare le interpolazioni di Brian Eno sulle note infinite di Robert Fripp. Don’t Walk Away ricorda la linea armonica di Can’t Help Falling In Love per la sua grana dolcemente retrò, mentre More è una marcia che inneggia alla vita con la sua magniloquenza ed il fuzz così saturo. “HEY WHAT” sembra la linea di demarcazione tra il versante illuminato e quello buio della luna, quello stretto confine che separa le cose dal proprio destino e le raffigura un attimo prima che diventino altro da sé. Se “HEY WHAT” è un disco così prezioso è perché oggi nessuno come i Low è in grado di costruire e decostruire il proprio mondo pur rimanendo se stessi e accettando la sfida dell’avvenire.

Voto: 8/10
Giuseppe Rapisarda

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