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2 Ottobre 2023 ,

La Jovenc & Nei Shi Gardenia Ten Contemporary Songs In Homage To Billie Holiday

2023 - Sonica Botanica / (R)esisto
[Uscita: 25/05/2023]

La Jovenc e Nei Shi sono rispettivamente Giovanni Dal Monte e Alessandro Petrillo, due artisti eclettici e trasversali che prediligono giocare con un’estetica sperimentale e di ricerca avant impro. Con questa ardita proposta reinterpretano in declinazione elettro-rock dieci grandi classici di Billie Holiday, compresi alcuni totem intoccabili del suo repertorio come Strange Fruit e Lady Sings The Blues, osati da pochi per la sacrale e oscura intensità che solo Lady Day poteva imprimergli attraverso il fuoco sacro del suo intimo e dei suoi tormentati trascorsi. In realtà questo tributo suona bene e glissa magicamente su tutte le insidie perché non si propone di suonare alla Billie Holiday ma di evocarne la scarna e vibrante essenza attraverso un azzeccato gioco di sottrazione. Sottrazione dei modi affettati e swinganti tipici del jazz che possono essere credibili solo per chi è jazz nell’anima e blues nel cervello, sottrazione di arrangiamenti pomposi per enfatizzare testi che non erano delegati a leggere quell’abisso emozionale e gorgogliante che Billie trasmetteva con il suo timbro sfumato e slavato di colore. Sottrazione infine del sax e del piano quali funerei e mortiferi cadenzatori di un pianto atonale. Paradossalmente tutto questo serve a farci intravedere la Holiday più autentica e vibrante, quella che nelle sue ultime esibizioni è libera da ogni orpello e nella sua lugubre magrezza declama la mistica della fragilità irrisolta, della perdizione insanabile, del riscatto inesigibile a sua eminenza il destino. Questa tensione sottesa, questo graffio interiore che lacera e rapprende le fibre e i nervi scavando desolanti e inauditi vuoti sotto pelle è proprio dato dal fingerpicking destrutturato che in pezzi come Don’t Explain o Come Rain Or Come Shine rimuove la cappa di edulcorazione e ostentata spensieratezza di alcune tra le versioni più note. Interessante anche la rivisitazione sui giri armonici in Big Stuff e Lover Man. Pregnanza drammaturgica magnificamente preservata in I’m A Fool To Want You o in I’ve Got It Bad (And That Ain’T Good) con i loro intermezzi sferzati da riverberi elettrificati più potenti e più raggelanti degli incubi notturni. Ma l’apice è rappresentato dai campionamenti sghembi e scarni e dalle amplificazioni ottenute attraverso chitarra e basso trattati. Capaci di evocare più delle parole e di quella voce certamente ineguagliabile. Pur facendo affidamento su una vocalità che non sfigura affatto, la cosa più geniale di questo lavoro sono i ritmi incalzanti di un rock sintetico e marziale che trascolora i siparietti jazz. A far galleggiare reminiscenze di innocenza trafitta, sospesa e pendolante come uno ‘strano frutto’ davanti ai nostri occhi spauriti, sospesa come una gardenia recisa immacolata di nudità tra i capelli, sospesa come la bruma solitaria sui freddi e spogli campi invernali.

Voto: 7.5/10
Romina Baldoni

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