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17 Marzo 2017 ,

Sandro Mussida e Olivia Salvadori DARE VOCE

2016 - Sony Classical
[Uscita: 26/12/2016]

#consigliatodadistorsioni

 

“Dare Voce” è un disco insolito. Un disco sorpresa. Non solo per la veste minimalista e l’appartenenza alla collana ‘Classical’ della Sony. Per una serie di accostamenti arditi che via via si vanno scoprendo e che finiscono per portare alla luce proprio quell’insolito di cui si sentiva la grande mancanza; l’incompiuto e l’approdo che fa registrare lo scatto in avanti e che aggiunge qualcosa di concreto al già detto e al già fatto.

Gli stessi protagonisti Sandro Mussida e Olivia Salvadori hanno un background ibrido tra formazione accademica e interessi per la sperimentazione. L’intero album prova concretamente a dar voce a molteplici stilemi che spaziano nell’avanguardia contemporanea, nella tradizione melodica mediterranea, in sentori esotici o psichedelici, minimalisti o corali, tribali etno acustici o di effetti elettronici. L’insieme risulta però incredibilmente fluido e coeso. Funziona perfettamente la perfetta voce soprano di Olivia Salvadori ricca di colore e in grado di trasmettere molteplici sfumature emotive e l’arrangiamento musicale che Sandro Mussida riesce ad abbinare nell’abbozzo atmosferico in continua evoluzione. Una serie di schizzi tratteggiati con colori tenui e diluiti, una volubilità sinuosa e leggerissima che conduce a picchi di intensità e spessore puramente sensoriale. Sembra quasi che si voglia indagare nelle pieghe nascoste, nelle sfumature più recondite dell’espressività, provando un’interpretazione di tipo multimediale in cui soffio vocale e vibrazione strumentale lavorano simbioticamente alla traduzione di immagini, sensazioni, visioni.

 

Viene quindi messa in campo una vasta gamma di timbriche, riverberi e densità che di volta in volta approcciano un racconto differente. L’ascoltatore è condotto in un immaginifico viaggio che lascia intravedere prospettive diverse, come in un’ideale sospensione pluridimensionale. Testi in italiano che si alternano con testi in inglese, strumenti acustici o elettronici, polifonie o fragili assoli monocorde che restituiscono sacralità e silenzio. Magia primigenia nella lievità di Isola, delicatissimo incedere folk nel fingerpicking di Remember. Qualcosa della formazione jazz di Sandro Mussida traspare ne Il nome delle piante, unico pezzo in cui è presente la batteria, ma nel complesso c’è la versatilità di un adattamento cinematico e gestuale che prova a introdurre ad una specie di rappresentazione dell’evanescente, del raccoglimento contemplativo in cui affiorano una serie di flashback ineffabili legati al subconscio e all’astratto. Insolita commistione etnografica tra gospel rhythm & blues e un ragtime sincopato di violoncello in Here and Now che ci riporta l’impronta dei nostrani maestri delle sonorizzazioni (Gianni Ferrio, Stelvio Cipriani, Piero Umiliani). Groove sottolineato da incedere percussivo in MoonSun o linee melodiche elettrificate in Free from the I (eye) ci si muove a proprio agio volubili e voluttuosi, catapultandosi in sottofondi e sottoboschi pullulanti di vita propria e forieri di stratificazioni e prospettive policrome. La Voce è un Vento Caldo restituisce l’incanto della vibrazione, della propagazione che spezza l’uniformità dell’etere per innescare un dinamismo che si equilibra sulla precarietà, sul divenire, sul movimento incessante, sull’energia cosmica che serba il segreto dell’esistere nell’ineffabilità della trasformazione.

Voto: 7,5/10
Romina Baldoni

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