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26 Maggio 2013 , , ,

Mark Lanegan and Duke Garwood BLACK PUDDING

2013 - Out On Heavenly (UK) - Ipecac Recordings (USA)
[Uscita: 14/05/2013]

mark laneganBlack-Pudding

# CONSIGLIATO DA DISTORSIONI

 

Se si ha una conoscenza non esaltante della lingua inglese e si fa qualche ricerca si scopre che ‘pudding’ vuol dire dessert, o budino, o dolce, o pasticcio di carne, insomma non ci si scosta da un ambito mangereccio; ma se pudding è preceduto, come in questo caso, dall’aggettivo ‘black’ allora non si può non ipotizzare che i due titolari di questo lavoro abbiano voluto adottare una singolare metafora per esprimere i contenuti di questi dodici brani. Non si è lontani dalla realtà, perché dopo un paio di ascolti “Black Pudding” si rivela essere opera fascinosa, sfaccettata, dagli ombrosi risvolti artistici e strumentali, espressione nella sua interezza di un’ispirazione greve, volta a scavare nella psiche e a materializzarne i recessi  più oscuri (Sphinx). I significativi ed eclettici viatici musicali sono il folk acustico (Black Pudding, Manchester Special, Sphinx) della chitarra spoglia e solitaria di Duke Garwood, il salmodiare bluesy come al solito introverso e carico di rimpianti esistenziali di Mark Lanegan (Pentacostal, War Memorial, Shade of the Sun).

 

Ma ecco anche ipnotici ed artificiali ‘drum machine loop’ che Garwood dispensa nelle inquietanti Mescalito e Cold Molly, attraversata quest’ultima a sorpresa  anche da un clavinet funky, sempre da addebitare a Duke Garwood. E' proprio l’algida Cold Molly uno degli episodi di Black Pudding  a dare maggiormente la misura  dell’incredibile polistrumentismo del londinese Garwood, che pur  non avendo la stessa fama presso il grande pubblico di Mark Lanegan, vanta tra le sue credenziali collaborazioni con Themark lanegan and duke arwood Orb, Wire, Wooden Wand, Sir Richard Bishop, Josh T. Pearson, Kurt Vile: in Cold Molly sovraincide  linee di chitarra elettrica, clavinet e sassofono tenore; ne sortisce una sorta di stralunato jazz funky che va a sommarsi alle altre anime musicali di Black Pudding, ove Duke suona anche il violino (Death Rides A White Horse), organo, pianoforte (Last Rung) e mellotron (Shade of the sun). I due non sono comunque del tutto nuovi ad incrociare le loro estetiche artistiche, non è un caso che l’ex front-man degli Screaming Trees, nel suo eterno peregrinare collaborativo di questi primi due decenni terzo millennio (Greg Dulli/Gutter Twins, Isobel Campbell, Soulsavers) sia approdato al dotatissimo polistrumentista.

 

Garwood aveva tra l’altro suonato la chitarra in due brani di “Blues Funeral”, ultimo album solista di Lanegan:  “Duke Garwood è uno dei miie artisti preferiti di sempre. Lavorare e registrare in studio con lui è stata una delle più belle esperienze della mia vita” (Mark Lanegan). E Garwood di rimando: “Penso che Mark sia come John Coltrane: pura anima e suono”. Non siamo alle prese con il solito idillio artistico studiato a tavolino da un’etichetta, o da managers compiacenti: Mark e Duke sincretizzano le loro nere, cuore di tenebra visioni ed intuizioni, fanno reale ricerca abbozzando nuove strade espressive striate di drones ed experimental  music (Thank You), ambient, come nella onirica Shade of the sun,  o negli esorcismi blues di Driver, dove risplendono straordinarie visionarie rifrazioni chitarristiche mark lanegan and duke garwooddi Garwood. Lo sforzo compositivo é di entrambi, Lanegan è lo sciamano di sempre, ma in fondo in questo lavoro si limita ad ‘appoggiare’ le sue liriche sulle ispiratissime performances cromatico/strumentali di un sorprendente Duke Garwood, il vero protagonista di un lavoro carismatico, destinato a ‘rimanere’, a non essere scalfito dal logorio degli anni che passeranno. 

 

 

 

Voto: 7.5/10
Pasquale Boffoli

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