Christopher E. Young ALLA PERIFERIA. DAVID SYLVIAN – UNA BIOGRAFIA. GLI ANNI DA SOLO
Esce anche in Italia una monumentale biografia di David Sylvian, scritta da Christopher Young, giornalista figlio e fratello di musicisti di estrazione classica. “Gli anni da solo” è il sottotitolo, ad indicare come il libro si concentri solo sulla carriera solista del musicista londinese, ma rimarca anche come Sylvian sia una persona molto solitaria. Il libro ripercorre con grandissima puntualità, ai limiti della pedanteria, l’opera di Sylvian, analizzando la struttura della composizioni, i testi, il lavoro compositivo, le influenze che vi stavano dietro. Chi ama David scoprirà moltissimo sul suo fare musica e le sue fonti di ispirazione: con puntigliosità tipicamente britannica l’autore non trascura nulla che possa interessare il lettore, di ogni musicista coinvolto è presente una breve biografia, così come di qualsiasi autore, o movimento, letterario, artistico, filosofico e non solo, che abbia ispirato il biondo cantante.
Se non stupiscono la passione per Cocteau, i surrealisti, l’esistenzialismo, amori di tutti i giovani dell’epoca, possono colpire l’amore per Tarkovskij (ma Nostalgia, da “Brilliant trees”, era un chiaro indizio), per un poeta controverso come Ted Hughes, l’ex marito di Sylvia Plath, o per Joseph Beuys, icona dell’arte concettuale, o per R. S. Thomas, eccentrico poeta e pastore gallese (“Manafon” è il villaggio dove visse), tutti autori con cui Sylvian, in periodi diversi, si identificò fortemente. Con grande discrezione Christopher Young (nella foto qui a destra) non cerca di venire a capo dell’uomo Sylvian, ma poiché la sua musica è indissolubile dalla sua personalità e molte canzoni sono spiccatamente autobiografiche, molti aspetti vengono fuori. A quanto pare Sylvian ebbe un’infanzia infelice che una lunga psicoanalisi e un lungo percorso spirituale attraverso le religioni orientali hanno solo in parte mitigato. Sylvian è un uomo triste e solitario, incline alla depressione, che ha vissuto il successo come un incubo.
Ama collaborare con molti altri musicisti, che inevitabilmente ne fanno il leader del progetto, per poi patire la sua forte personalità, e questo accadeva soprattutto col fratello Steve Jansen (ricordiamo, nel caso qualche lettore non lo sapesse, che il vero cognome è Batt), e col compianto Mick Karn. Poco spazio è dato alla vita familiare e sentimentale, se non per sottolineare quanto Yuka Fuji e Ingrid Chavez abbiano contribuito al formarsi del gusto artistico di David.
Per la traduzione è stato scelto Andrea Polinelli, musicista collaboratore di Nicola Alesini, scelta giustissima poiché spesso i traduttori prendono cantonate nel tradurre i termini musicali, mentre in questo il lavoro di Polinelli è impeccabile, e il traduttore è stato anche bravo nel rendere le ambiguità della lingua inglese specie nei titoli delle canzoni; semmai poteva prendersi più libertà nel tradurre qualche frase idiomatica, che suona troppo fedele all’originale. Il volume è molto ponderoso, quasi cinquecento pagine, ma la lettura è scorrevole, i contenuti ricchissimi e il lettore che ama David Sylvian apprezzerà questo libro, che però non ha nessun corredo iconografico.
non è vero la traduzione è pessima…chiederò il rimborso della spesa sostenuta per l’acquisto.