The Fleshtones WHEEL OF TALENT
[Uscita: 10/02/2014]
# Consigliato da Distorsioni
Il sostantivo “leggenda” è sicuramente abusato. Non però se si parla dei gloriosi Fleshtones, veterani della scena garage, o, meglio, come piace a loro “superock”. Tanto per capirci, si parla di loro come “America’s Garage Rock Band” e “The Kings Of Garage Rock”. D’altra parte, come potremmo meglio definire questi quattro vecchi ragazzi, originari del Queens, che portano in giro dal 1976 (!) la loro irresistibile miscela di garage, punk, surf e rockabilly? Dunque, ripercorriamo a grandi passi la loro lunghissima carriera, non dimenticando di segnalare che l’attuale quartetto, stabile dal 1990, comprende l’irresistibile frontman Peter Zaremba, alla voce a, occasionalmente, all’organetto farfisa, lo scheletrico chitarrista e cantante Keith Streng, l’imperturbabile batterista Bill Milhizer, e il “giovane” (nato nel 1961, gli altri tre arrivano dal decennio precedente) bassista Ken Fox: il 1976 è l’anno della fondazione e dell’esordio al CBGB’s, ma bisogna aspettare il 1979 per l’uscita del primo singolo, American Beat, che finì nella colonna sonora del film “Bachelor Party”, in cui compariva l’allora giovanissimo Tom Hanks.
La firma per la I.R.S., nel 1980, porta in dote quattro dischi, i capolavori “Roman Gods” e “Hexbreaker!”, e i due “live” “Speed Connection I & II”, poi la carriera discografica dei nostri si dirada, senza, però, inficiare la loro attività dal vivo, che continua fiorente, assieme ad apparizioni e conduzioni di trasmissioni in televisione. In ogni modo, con questo “Wheel Of Talent” i Fleshtones raggiungono il ragguardevole traguardo di 22 uscite discografiche, comprendendo anche le vari compilations. Lo status di leggenda di cui parlavamo prima è avvalorato anche da una compilation tributo, loro dedicato dalla francese Larsen Records, “Vindicated! A Fleshtones Tribute”, alla quale hanno partecipato nomi del calibro di Nomads, Primevals e Hoodoo Gurus, oltre alla biografia “Sweat: The Story Of An American Garage Band”, di Joe Bonomo, tradotta in varie lingue tra le quali, naturalmente, non compare l’italiano e il documentario “Pardon Us For Living, But The Graveyard’s Full”, del 2009, il cui titolo dovrebbe bastare ad illustrare la carica di ironia e bonomia di cui i nostri sono dotati in quantità industriale. La nostra esperienza personale, affezionati frequentatori quando è possibile di ogni loro concerto, testimonia di una straordinaria carica umana, una voglia di divertirsi e divertire talmente contagiosa da rendere i loro live act un’esperienza imperdibile per chiunque ami il rock’n’roll e abbia voglia non solo di ascoltarlo, ma di partecipare ad un vero happening, a base di danze scombiccherate, passeggiate sui tavoli, improbabili esibizioni ginniche (anche data l’età).
In particolare i Fleshtones chiamano, come questo disco, “wheel of talent”, una specie di rotazione collettiva dei membri del gruppo, scambiarsi i posti, i microfoni e anche gli strumenti con effetti davvero esilaranti. E, alla fine di ogni concerto, i quattro Fleshtones, alla faccia di una quarantina d’anni di carriera, si piazzano all’uscita del locale per stringere la mano e ringraziare uno per uno gli spettatori! Wheel Of Talent gira ininterrottamente nel nostro lettore CD da qualche giorno: quanto detto sopra chiarisce come i nostri siano eminentemente una “live band”, di quelle che sul palco danno il massimo delle loro capacità e, di conseguenza, ottengono i migliori risultati. Il CD risente di questa condizione, su disco la carica comunicativa e la potenza sonora di Zaremba & Co. risultano un po’ compresse, ma non si può che parlar bene di un lavoro in assoluto “Fleshtones Style”, con quel mix perfetto di durezza garage e morbidezza pop che li contraddistingue dall’inizio della carriera. Segnaliamo, tra i pezzi, comunque tutti ampiamente oltre la sufficienza, il tributo Remember The Ramones, proprio come ce lo si aspetterebbe, affettuoso e riverente, e Veo La Luz, cover della seminale I See The Light, dei Music Mahine, con un testo in spagnolo che Peter Zaremba pronuncia in modo davvero esilarante. Il giudizio, quindi, è ampiamente positivo: nonostante la lunga carriera che hanno alle spalle, i Fleshtones sono orgogliosamente sempre se stessi, e questo è più che abbastanza.
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