Ryley Walker THE LILLYWHITE SESSIONS
[Uscita: 16/11/2018]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
Ryley Walker periodicamente si concede una fuga dalla sua produzione per imbastire collaborazioni a volte più durature (quella con Bill MacKay), altre decisamente estemporanee (come “Cannots” del 2016, realizzato col batterista Charles Rumback). Nonostante il 2018 sia stato in primavera l’anno del suo ritorno con “Deafman Glance”, eccolo ora proporre l’intero “Lillywhite Sessions” della Dave Matthews Band arrangiato ex novo in compagnia dei fidi Andrew Scott Young (basso) e Ryan Jewell (batteria). Il bootleg, divenuto oggetto di culto tra i fan americani di Dave Matthews e soci, conteneva proprio le sessioni di registrazione che la band aveva realizzato con il produttore Steve Lillywhite tra il 1999 e il 2000 e che fu pubblicato nel 2002 con il titolo “Busted Stuff”. Dave Matthews è stato e continua ad essere (ha pubblicato a giugno l’album “Come Tomorrow”) un artista eclettico, accompagnato da una band che può contare su musicisti di altissimo livello, e in un certo senso precursore di Ryley Walker. Dotato di una spiccata sensibilità pop-rock e cantautoriale, Matthews introduce nelle sue ballate elementi folk, jazz, funky e addirittura prog: un po’ ciò che succede con la vena eclettica di Ryley Walker in album come “Golden Sings That Have Been Sung” e “Deafman Glance”, dove elementi pop si affiancano a componenti più sperimentali e musicalmente “alti”.
Walker omaggia uno dei miti della sua adolescenza, uno di quelli che lo hanno spinto a intraprendere la strada del musicista, ma allo stesso tempo reinterpreta il materiale con maturità. Il groove dell’iniziale Busted Stuff è smorzato in un tempo di batteria dritto che sembra un’outtake dell’ultimo “Deafman Glance”; Grey Street è invece stravolta e rallentata per un numero jazz-rock cupo e lugubre. Altre volte Walker cerca l’effetto contrario: è il caso della ballata Diggin’ a Ditch, originariamente lunga più di 8 minuti, qui un semplice episodio fuzz-pop di tre minuti. Il groove di Dave Matthews (a destra nella foto con Walker) viene riproposto in Sweet Up And Down e nella successiva JTR che sfocia in un’estenuante coda post-bop, a metà tra Miles Davis e Yo La tengo. Il jazz-pop subacqueo di Big Eyed Fish lascia spazio alla ballata Grace Is Gone e ai falsetti di Captain; i dieci minuti e passa di Bartender partono da un raga-rock per poi esplodere in una jam con protagonista un solo di sax.
Dopo il pastiche sonoro di Monkey Man è Jewell che dimostra le sue doti di batterista in Kit Kat Jam, nella finale Raven Walker e soci si cimentano in un blues elettrico in tempo dispari. Un’opera a tratti onanistica che dimostra però il buono stato di salute artistica di Ryley Walker: queste canzoni suonano come se fossero farina del suo sacco, puntando non tanto sul songwriting quanto sul cotè free-form dei pezzi di Matthews, che Walker riesce ad omaggiare stravolgendone la base pop-rock. L’artista di Rockford ha di recente condiviso il palco del Le Guess Who ad Utrecht con i paladini dello psych-rock contemporaneo Kikagaku Moyo per una jam improvvisata che è stata registrata live. Chissà dove lo porterà la nuova collaborazione: non vediamo l’ora di saperne di più.
Correlati →
Commenti →