Alice in Chains RAINIER FOG
[Uscita: 24/08/2018]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
Il grunge è per gli Alice in Chains una sorta di maledizione che non riescono a staccarsi di dosso: non è bastata la morte prematura del cantante Layne Staley nel 2002, non sono bastate le critiche dei fan di vecchia data e non è bastato nemmeno l'inesorabile scorrere del tempo. È così quindi che, seppur in parte assopito, in questo nuovo “Rainier Fog” si respira ancora quello spirito adolescenziale ribelle e aggressivo che caratterizzava il ‘seattle sound’ anni '90.
In “Rainier Fog” sembra di ascoltare le voci di chi il grunge lo ha vissuto e soprattutto di chi ad esso è sopravvissuto. Layne Staley, Kurt Cobain, Chris Cornell, Scott Weiland sono solo alcuni tra i nomi di chi non è riuscito a scampare ai fantasmi che animavano il fragore musicale di quegli anni. Se vogliamo, Questo nuovo lavoro degli Alice in Chains è composto da chi ha sul suo corpo molte cicatrici create dalle più profonde frustrazioni e lotte interiori. La disperazione e la rabbia di quando Jerry Cantrell e soci avevano 20 anni si sono evolute, trasformate in un sentimento più conscio e maturo ricco di sfumature differenti.
Certo il sound è sempre quello, assolutamente distinguibile tra mille, le chitarre cupe dal suono potente caratterizzano l'opera sin da The One You Know, prima traccia del disco in cui la grinta della sei corde si armonizza perfettamente con la voce di William Duvall per poi sfociare in un meraviglioso assolo. Il ritmo si mantiene incalzante anche durante la title track e va a rallentarsi mano a mano che si arriva a Fly, brano che rimanda, dal titolo alle sonorità, all'EP di 24 anni fa “Jar of Flies” dalle sonorità più sperimentali ed intense.
Fly è uno dei brani più riusciti del disco, mescola elementi del passato (che ricordano vagamente gli Screaming Trees di Mark Lanegan) con un mood più moderno ed orecchiabile anche per un pubblico odierno. Altre perle sono Drone, caratterizzato da una bellissima fusione tra le voci di Duvall e Cantrell, e il riuscitissimo finale All I Am che, forte un testo estremamente struggente, fa scorgere tutte le potenzialità di questi Alice in Chains targati 2018: artisti fuori dal tempo, provenienti dall'oscurità e dalle nebbie avvolgenti la zona nord-occidentale degli Stati Uniti, che esprimono una rabbia e una devastazione interiori a tutt'oggi molto attuali.
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