Tank of Danzig Not Trendy
[Uscita: 07/06/2013]
# CONSIGLIATO DA DISTORSIONI
Quando penso alle rimarchevoli operazioni compiute da artisti veramente originali e sperimentali del calibro di James Chance e i suoi folli Contortions, o del Pop Group, o dei Glaxo Babies con Tony Wrafter, mi viene subito in mente un aspetto che caratterizza questa musica e che pone l’abissale differenza con i Tank of Danzig, ovvero l’idea di incomunicabilità. Siamo sempre negli anni ’80, siamo in pieno fervore new wave ed i veri outsiders dell’underground tentano soluzioni ardite come l’uso della dissonanza, l’aggressività/negatività punk o addirittura il funky dub jazz da innestare in modo forzoso e irriverente nelle nuove sonorità. Pino Montecalvo e la sua label barese Music à la Coque ancora una volta compiono questa essenziale operazione di ripescaggio e diffusione su supporto digitale di materiale perduto nelle pieghe del tempo. Esattamente “Not Trendy” fu pubblicato su LP nel 1982 dalla Idiot Records. Ai 12 pezzi originali si aggiungono i due brani del primo singolo “Licht und Schatten” e l’EP “Your Brain” per un totale di 17 brani complessivi. Mettendo sul lettore questo disco si rimane letteralmente spiazzati e piacevolmente sorpresi dal suo fantasioso sperimentalismo, dalla giocosità e dall’urgenza espressiva basata sulla fusion strumentale e dai contrappunti di un sax spesso sibilante, nevrastenico e contorto che va a movimentare e perturbare la regolarità ritmica. C’è una pacifica e armonica convivenza tra tribalismo e istinto, primitivismo a moduli ballabili. Gli stridori, le graffiate, l’abrasività vocale spesso irruenta procedono a ritmi rotondamente e brillantemente funky. Soprattutto non emerge, pur trattandosi dei primi anni ’80 quel malessere esistenziale da disadattamento, da ripudio delle origini e incertezza nel futuro, da irriverenza e contestazione sferzanti. Sembra piuttosto di poter intravedere i prodromi e le anticipazioni seminali da world music, da avanguardia classica, l’afro beat e la libera improvvisazione elaborati con uno scarto di un ventennio.
Una freschezza e un’esuberanza creativa che si spoglia del tutto dalle tendenze depressive e dalle contraddizioni del periodo per riannodare le fila più autentiche della spontaneità primitiva, della simbiosi con la natura, della tribalità danzereccia. What’s the sense of life coniuga dinamismo punk e ritualità etnica, strizza l’occhio a certe sonorità della neue deutsche welle (NDW) sposando raffinatezza e divertissment senza tuttavia risultare banale. In pezzi come [We are] The American Hostages, Brain War, The People are Hungry, l’invasione irruenta del sax non penalizza in alcun modo il lirismo e l’armonico assemblaggio strumentale. In pezzi come Train into Pain, No New York, [I’ve seen] the Truth il boogie chitarristico ci riporta alla danza come forma comunicativa, c’è uno strimpellio frenetico, una percussività spesso esasperata ma tutto è incredibilmente affine ad una teatralità e ad una rappresentazione del ritorno alla spontaneità, al linguaggio del corpo. Licht und Schatten è in assoluto il brano più stratificato e brioso, con sincopi ritmiche della chitarra e del basso e un irresistibile ronzio di sax. Gli ultimi tre brani dell’EP “Your Brain” sono contraddistinti da toni più secchi e abrasivi, il ritmo è spesso graffiato da stridori e cambi repentini che creano un flusso rocambolesco in cui i coacervi sonori liberano energia allo stato puro. La terza versione di Brain War è un ticchettio inquietante sostenuto da un pattern di batteria quasi asfissiante e dalle urla aspre e consapevoli di Schengel, segna solo nel finale il punto più acre, di voluta rottura con la complessiva gradevolezza di tutti i brani. Gradevoli ma profondamente pensati in un contesto di non ordinarietà e in un climax di creatività fortemente sperimentale che gli ha regalato l’elisir dell’eterna giovinezza.
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