Pixies HEAD CARRIER
[Uscita: 30/09/2016]
Stati Uniti
Un disco dei Pixies si dovrebbe comprare a scatola chiusa ed amare incondizionatamente solo perché hanno scritto alcune tra le pagine più importanti del rock alternativo d'oltreoceano. Come dimenticare (oltre ad altri loro dischi) dei capolavori dell'indie americano della seconda metà degli anni '80 quali “Doolittle” o “Surfer Rosa” che ogni ascoltatore di alt-rock che si rispetti dovrebbe conoscere. Eppure questo “Head Carrier” fin dall'iniziale omonima titletrack non convince appieno. Si, è vero, il suono è sempre riconoscibilissimo ed inconfondibile, quelle melodie agrodolci che Mr. Frank Black compone e suona ad occhi chiusi, marchio di fabbrica indelebile della musica dei folletti di Boston.
Ma qualcosa sa inevitabilmente di già detto e già visto. E così questo “dejà vu” vede sfilare Classic Masher e Might as Well Be Gone, apprezzabili ma non trascendentali, immediatamente seguite da Oona, caratterizzata da un bel refrain già sentito. Neppure la conferma a titolo definitivo di Paz Lenchantin (novella Kim Deal a basso e cori) risolleva le sorti di un disco che è gradevole ed ascoltabile ma nulla di più. Su tutte Baal's Back (che potrebbe però tranquillamente essere un pezzo del mai dimenticato “Trompe le Monde”) ed il singolo Tenement Song con l'aggiunta di All I Think About Now, che rifà inizialmente il verso alla irraggiungibile Where is my Mind. Le conclusive Um Chagga Lagga, Plaster of Paris e All The Saints sono episodi deboli che confermano che il secondo disco post-reunion (il primo era il precedente “Indie Cindy” del 2014 sempre su 4AD) ci lascia in sospeso in attesa di standard ben differenti ai quali i Pixies ci hanno abituato, sperando che non sia troppo tardi. Alla fine l'abbiamo comunque comprato ed amato lo stesso.
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