Maya Galattici ANALOGIC SIGNALS FROM THE SUN
Provenienti dalle fila dei Chinasky, Marco Pagot e Alessandro Antonel esordiscono con il loro primo album a nome Maya Galattici. I due polistrumentisti, muniti oltre che del classico set chitarra-basso-batteria, anche di un Fender Rhodes e di un Korg MS20 (storico synth monofonico), cercano la propria strada per il pop psichedelico attingendo, a quanto pare, dagli anni 60 marchiati da The Beatles e The Beach Boys ma non solo: mentre certe scelte melodiche potrebbero ricordare tanto quella miscela di soul e folk che ha caratterizzato la breve ma significativa esperienza del duo Barbara & Ernie quanto soluzioni ben collaudate nel panorama brit pop, altre - unite a morbide e tonde bass-lines e a tocchi di Fender Rhodes - sembrano invece richiamare il sound dei francesi Air. Detto questo, "Analogic Signals From The Sun" sulle prime suona davvero come un buon debutto, salvo poi scivolare durante la seconda metà verso un lento oblio: infatti i primi quattro brani si susseguono con invidiabile stile, cura e coerenza; un poker d'assi nel quale spicca tutto il pregio di un brano come Mechanical Cock, equilibrato ed accattivante sotto qualsiasi punto di vista.
Una mano vincente non basta però ad assicurarsi le sorti della partita. Proseguendo nell'ascolto si avverte la crescente sensazione che le idee comincino a scarseggiare, così come la cura dedicata ad esecuzione ed arrangiamento sembra soffrire di una certa stanchezza. Passando attraverso molte occasioni sprecate, come nel caso di Razor Bird, penalizzato da una take di voce a dir poco inadeguata, si giunge a toccare il fondo con il kitch di Sweet Honey. Peccato davvero: se i Maya Galattici avessero scelto di pubblicare semplicemente un EP di quattro tracce, in questo momento saremmo qui a tesserne le lodi e a giurare di avere davanti una nuova splendida promessa del pop. Stando le cose diversamente, si può affermare invece che i presupposti perchè il duo continui su di un percorso di maturazione non mancano affatto, così come probabilmente non dovrebbero mancare quegli indispensabili momenti di riflessione che si rendeno necessari nelle diverse fasi di lavorazione di un nuovo album. Alla prossima.
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