Philip Seymour Hoffman Vita e morte di un attore rock
1967 - 2014
Gli amanti della musica rock che sono anche appassionati di cinema avranno ben presente la figura di Philip Seymour Hoffman, che in “Almost famous” di Cameron Crowe interpretava il leggendario critico Lester Bangs, e nell’esilarante “I love radio rock” di Richard Curtis era il Conte, uno dei dj che formavano l’equipaggio della strampalata nave di rockettari nel film ispirato dall’epopea di radio Caroline. Purtroppo Hoffman con molte rockstar ha condiviso anche il lato più oscuro, una dipendenza dall’eroina durata tutta la vita, resistita a molti tentativi di disintossicazione, al successo, a un matrimonio riuscito. L’interpretazione di un altro grande scrittore, Truman Capote, gli aveva fruttato l’unico Oscar e il Golden Globe, ma sommando premi vinti e nomination si arrivava a centoventisette. Hoffman aveva uno di quei volti “normali” che possono essere la fortuna di un attore: a seconda del personaggio si trasformava, diventava grasso o magro, giovane o vecchio, bonaccione o inquietante. Poco più che quarantenne è un credibile sessantenne in “The Master”, di Paul Thomas Anderson (per chi scrive il miglior film dell’anno scorso), dove domina la scena come avrebbe fatto Orson Welles, assecondato da grandangoli e panoramiche degne del maestro.
Era impeccabile ne “Il dubbio”, nel ruolo impegnativo di un prete forse pedofilo, ma la sua versatilità lo aveva fatto scegliere dai maggiori registi americani, da Sidney Lumet - con cui sigla una delle sue migliori interpretazioni (purtroppo premonitrici, per l' amore tenace nutrito dal suo personaggio per l'eroina) nel 2007 "Onora il padre e la madre (Before the Devil Knows You're Dead)", superba pellicola ingiustamente trascurata - a Mike Nichols a Spike Lee ai Fratelli Coen. Era anche attore e regista teatrale, mentre al cinema aveva diretto un solo film "Jack goes boating”, una storia d’amore tra due personaggi non giovani e feriti, un film per fortuna privo di patetismi o del grossolano ottimismo che ammorba sciocchezze come “Il lato positivo”. Non era un divo, era naturalmente simpatico e ciò nonostante riusciva anche nei ruoli negativi o ambigui. Prediletto dal cinema indipendente non disdegnava però i blockbuster, da “Mission impossible” alla saga “The hunger games”, che ora è in una fase di stallo sebbene Hoffman avesse girato quasi completamente la propria parte. Ancora una volta si rimane attoniti di fronte a una vicenda umana che contrasta con quella del personaggio pubblico: un uomo che superficialmente potremmo considerare baciato dal destino e chissà quali fantasmi si portava dentro.
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