Sorry, Heels WASTED
Nati dalle ceneri dei Chants of Maldoror, formazione ben nota nel circuito dark-gothic nazionale e non solo, i Sorry Heels danno alle stampe il loro primo Ep autoprodotto, “Wasted”. Quattro pezzi in cui la band inizia a costruire il proprio suono, che mette a frutto l’esperienza passata rielaborandola con una buona dose di eclettismo. Abbandonate le sonorità dark e gothic dei Chants of Maldoror i Sorry, Heels ampliano il campionario di generi cui fare riferimento e abbracciano influenze più ampie. Pur mantenendo, infatti, le basi nella wave e nel post-punk, la band allarga la propria visuale verso suoni e stili che s’allontanano dal loro primo amore. Se dunque le radici affondano sempre nel terreno su cui fiorirono Joy Division e compagni (tracce rimangono soprattutto nella sezione ritmica), lo sguardo della band s’allarga da un lato verso il campo della psichedelia (più nell’attitudine aleatoria che nei rimandi concreti), dall’altro verso stili e influenze più contemporanee, dai Sonic Youth ai Blonde Redhead meno spigolosi (specie in un pezzo come Wrong, il migliore del disco, insieme a Circling in a Standpoint). La loro musica è caratterizzata da una malinconia di fondo, e da uno sguardo estetizzante che accompagna non solo la musica ma anche la sua presentazione (la bella e raffinata copertina-origami finemente decorata da un pastello che guarda all’estetica prerafaellita). I quattro pezzi, pur nella loro varietà, riescono a mantenere un sound omogeneo (complice anche la produzione), in cui la voce s’appoggia, nella sua studiata freddezza, su tappeti di chitarra che aprono e scaldano il suono, creando un contrasto assai interessante. Le premesse sono buone, li attendiamo sulla lunga distanza per un giudizio definitivo.
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