Gabriel Cale GABRIEL CALE EP
Una bella confezione, semplice, diretta ed essenziale, ma curata e un CD colorato come se fosse un vinile ci introducono nel magico mondo di Gabriel Cale, alchimista psichedelico, polistrumentista eclettico, quasi una sorta di Nick Saloman all’italiana, qualora volessimo azzardare dei paragoni (ma i fans di Bevis Frond troveranno non pochi punti di contatto). Nei 27 minuti formati dalle 6 tracce di questo EP solista di esordio, l’ex frontman dei Selfish Cales si cimenta alla voce solista, alle chitarre, al mellotron, al sitar, alla batteria e alle percussioni, coadiuvato a rotazione tra le varie tracce da Simon Cale al basso, da Andy Cale che si avvicenda tra chitarre, voci e basso e da Enrico Basso alle tastiere. C’è una sincera e genuina “freschezza beat” nelle efficaci melodie, liquide e cangianti, che formano questo lavoro: cavalcate rock dal sapore western, cullanti e ipnotiche nenie barrettiane, armonie vocali tra Beatles, Byrds e Beach Boys, persino qualche eco dei primissimi album degli Spirit di Randy California, grazie ai virtuosismi chitarristici carichi di fuzzbox. Oltre ai “grandi classici” della psichedelia, dello space rock e del beat, cercando punti di contatto più attuali vengono in mente gli esordi di Julian Cope (soprattutto il suo primo album solista dopo l’avventura con i Teardrop Explodes), i Dinosaur Jr. di J Mascis (quelli più legati a Neil Young che al grunge), i Dukes of Stratosphear (la “deviazione lisergica” degli XTC), i primissimi Porcupine Tree (prima della svolta metal-prog).
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