Godflesh, Disumana Res, Deflore, SYK Roma, INIT, 10 aprile 2015,
Era grande l’attesa per il concerto dei Godflesh a Roma, dopo l’ultima apparizione italiana avvenuta a Palestrina nel luglio del 2012, che fece seguito alla reunion della band nel 2010. Justin Broadrick e Christian Green arrivano all’INIT verso le 19 causando un ritardo a cascata su tutto il programma. Bene per noi che arrivando abbondantemente dopo le dieci pensavamo di esserci persi i Deflore, mentre abbiamo avuto tutto il tempo di berci una birra e assistere dall’inizio a tutte le esibizioni.
Disumana Res, Deflore, SYK
Disumana Res, band di stanza a Roma e Bologna, presenta l’album omonimo registrato nel 1998, caratterizzato da un industrial metal vicino ai Godflesh e ai Ministry e rimasto inedito per quindici anni a causa dello scioglimento della band. La reunion avvenuta del 2012 e il mastering affidato a Nicola Manzan (Bologna Violenta), ha consentito la pubblicazione dell’album nel 2014. La performance sul palco è potente ed essenziale. Il tempo di cambiare strumentazione e l’industrial-noise dei Disumana Res lascia spazio all’industrial-dub dei Deflore. La formazione romana, capitanata da Christian Ceccarelli ed Emiliano Di Lodovico, ha all’attivo tre full-length e diversi split, caratterizzati da un industrial dub particolarmente potente ed evocativo, che attinge alla visionarietà allucinata di David Lynch e ai temi legati all’ibridazione tra corpo e macchina. Chi pensa che i Deflore siano distanti dalle sonorità dei Godflesh dimentica che negli anni ’90 Justin Broadrick esplorava con gli Ice l’incrocio tra l’industrial e il dub (“Under The Skin”, 1993) e lo riproponeva anche nei Godflesh di “Love and Hate in Dub” (1997), per non parlare degli ultimi remix di Imperator presenti nella versione giapponese di “A World Lit Only By Fire” (2014). I Deflore realizzano un set intenso e denso, ottimamente suonato, che contiene anche un paio d’inediti che faranno parte di un triplo album di prossima uscita. Il pubblico apprezza. Quando i SYK salgono sul palco per presentare “Atoma” manca poco alla mezzanotte. L’album è uscito nel 2014 ed è caratterizzato da un metal aggressivo dalle venature math, che richiama anche il progressive metal dei Voivod di “Nothingface” (1989). Stefano Ferrian (chitarra), Dalila Kayros (voce) e ducaConte (batteria) danno vita ad un set aggressivo caratterizzato da elementi frattali, tempi sincopati e ripetitività ipnotiche che non dispiacciono, sebbene il progetto SYK mostri di aver ancora bisogno di un po’ di tempo per essere messo a fuoco, almeno per quel che riguarda la versione live.
Godflesh
E’ molto tardi quando i Godflesh salgono sul palco, ma lo fanno nel modo più naturale, con Justin Broadrick che prepara strumenti, pedaliere e laptop. Ci sembra strano pensare che quel Justin sia la stessa persona che nel 1988, a soli diciannove anni, realizzava una delle pietre miliari del rock estremo, quel “Streetcleaner” destinato a diventare il capofila dell’industrial-metal. Scopriremo alla fine del concerto che Justin Broadrick vive la musica con grande semplicità e modestia, cosa che merita ulteriore grande stima. La prima parte del concerto è dedicata a A World Lit Only By Fire, che Justin Broadrick e Christian Green propongono nella versione più minimale, molto vicina a quel “Posthuman” (2012), pubblicato sotto il moniker JK Flesh, in cui l’ossessione per le macchine e l’idea del superamento della corporeità diventa metafora del nichilismo contemporaneo. La sequenza di New Dark Ages, Deadend, Shut Me Down, Life Giver Life Taker, Carrion e Towers of Emptiness è davvero devastante e prepara il terreno ad una seconda parte ancora più esplosiva. Mentre Justin Broadrick (che sfoggia una bella maglietta dei Ramleh) si sbatte come un forsennato, Christian Green si mantiene impassibile per tutta la durata del concerto. Sullo sfondo, immagini di fuoco e croci rimandano alla copertina di Streetcleaner e alle scene inquietanti del film “Stati di allucinazione” di Ken Russell (1980). Ma è la forza ipnotica delle drum machine di Christbait Rising e Streetcleaner a far scatenare il pubblico. Non avevamo mai visto il pubblico ballare in un concerto metal e questo la dice lunga sulla forza coinvolgente di quel suono. Applausi a scena aperta anche per Spite, Crush My Soul e per la devastante Like Rats che chiude il concerto. Justin non lascia il palco e si concede con grande disponibilità e simpatia ai numerosi fan. Si sono ormai fatte le due di notte, ma la serata è piaciuta davvero parecchio.
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