Jeff VanderMeer Borne
A distanza di due anni dalla pubblicazione in Italia della trilogia dell’Area X, Jeff VanderMeer ritorna in libreria con un nuovo romanzo intitolato “Borne”. La trilogia dell’area X è ritornata alla ribalta all’inizio di quest’anno, grazie all’uscita nelle sale e in Netflix della versione cinematografica di “Annientamento”, diretto da Alex Garland (”Ex Machina”) ed interpretato dalla brava Natalie Portman. Sebbene non siano previsti, per adesso sequel cinematografici per gli altri romanzi della trilogia VanderMeer ha annunciato a sorpresa di aver iniziato a lavorare ad un ulteriore capitolo della saga, intitolato “Absolution”. Borne recupera molti dei temi presenti in Annientamento, ma in forme completamente diverse. Il territorio in cui si svolge la narrazione non è più una singolarità spazio-temporale, ma il pianeta Terra devastato da una catastrofe ecologica. Il tempo della narrazione non è più il presente ma un futuro post-apocalittico, dominato da una umanità completamente decaduta.
Avevo segnato la zona con un tratto di gesso per ricordarmela e mi ero spinta più ad ovest, verso i resti di una superstrada in disuso ricoperta di licheni e ruggine e schegge di ossa. Formavano un motivo bianco rosso e verde che sembrava quasi disegnato di proposito. […]. La concentrazione di agenti chimici nell’aria della città ha sempre reso i tramonti particolarmente struggenti, anche per i più cinici, distratti o per chi non ha più spazio per la poesia. Il giallo e l’arancio sfumavano in una stratificazione di viola e azzurro.
Gli esseri viventi che vivono in questo mondo decaduto non sono più oggetto di una trasformazione genetica originata da un evento anomalo, ma sono totalmente in balia delle biotecnologie, organismi mostruosi geneticamente modificati, prodotti da una misteriosa Compagnia. In questo futuro catastrofico Rachel e Wick sopravvivono cercando rifiuti e scarti bio-tech in una città in rovina, percorsa da bande di predatori e dominata dall’alto da un orso mutante denominato Mord. La storia d’amore tra i due protagonisti è messa in crisi da Borne, una piccola creatura misteriosa trovata per caso da Rachel all’interno della pelliccia di Mord, che decide di portare con sé ed allevare come un figlio. Borne all’inizio sembra un piccolo anemone di mare ma nel tempo si trasforma in una specie di bambino e poi in un essere informe che cresce a dismisura, assimilando con voracità le cose del mondo e acquisendo progressivamente una natura aliena capace di sopprimere ed assorbire tutto.
Trovai Borne in una plumbea giornata di sole in cui Mord, l’orso gigante, si aggirava dalle parti di casa nostra. Ai miei occhi non era che materia organica di risulta, all’inizio. […]. All’epoca Borne non era un grande spettacolo: viola scuro, grande più o meno quanto un pugno, abbarbicato alla pelliccia di Mord come un anemone di mare spiaggiato.
Borne è una sorta di specchio che obbliga Rachel e Wick a domandarsi cosa sia la natura umana ed il senso proprio dell’esistere. Rispetto alla trilogia questo è un vero e proprio romanzo di genere, con una forza filosofia più contenuta e semplificata rispetto a quella delle vicende dell’area X, sebbene focalizzata sui temi che da sempre appassionano l’autore. In primo luogo l’ecologia. Quella di VandeerMeer è una fantascienza ecologica, in cui il futuro distopico è l’emblema della perdita della relazione che lega gli esseri viventi al mondo naturale. All’orgine delle catastrofi umane vi è, per lo scrittore americano, la pervasività di quella tecnica capitalistica che si sente autorizzata a spingersi costantemente oltre i limiti, lungo percorsi da cui non è più possibile tornare indietro. Tra i temi cari all’autore vi è anche la natura umana. Se nella trilogia l’esplorazione della natura umana seguiva i percorsi tracciati da Tarkovskij, in Borne VandeerMeer si interroga direttamente su cosa sia l’inumano.
- Ed io sono una persona? - disse Borne con le antenne tese a dimostrare un’attenzione particolare. Non esitai. – Sì, Borne. Certo che sei una persona. Per me era una persona, ma stava sconfinando già in altri concetti.
Nel rispondere a queste domande VandeerMeer (nella foto) concepisce un vero e proprio bestiario (di ispirazione borgesiana) che costruisce attraverso le combinazioni più bizzarre di genetica, colori, odori, tessuti. In tutto questo il concetto di identità viene messo fortemente in crisi, poiché un essere vivente non è più identificabile da una identità corporea che muta lentamente nel tempo, ma da una combinazione di strutture organiche che mutano incomprensibilmente, scardinando i pattern cognitivi. Questa trasformazione, che VanderMeer attribuisce alla manipolazione genetica realizzata dall’uomo, trasforma la condizione post-umana in una condizione inumana. Anche la maternità è analizzata da un punto di vista completamente nuovo: si può essere madre di un figlio che si trasforma in qualcosa di completamente altro rispetto a sé? La stranezza del mondo descritto da VanderMeer resta tale se percepito attraverso l’orizzonte dei nostri sensi, ma acquista chiarezza se lo si guarda da una prospettiva più ampia, lungo tempi estesi e disomogenei, attraverso spazi a densità variabile e singolari, dietro direttrici genetiche completamente nuove. VanderMeer è il narratore del possibile.