#Tele-visioni-BANKSY: “Exit through the gift shop”, la Street Art in tv 2012, Rai 5
Cos'è l'arte? Se ne discute da secoli: il bello classico, cioè la perfezione delle forme. Il sublime romantico, cioè il generare forti emozioni, con tutti i limiti del caso: generare odio o disgusto, come gli epigoni di Lars Von Trier, è arte? Quindi l'arte esclusivamente come opera di un autore, arrivando a Duchamp e Manzoni che firmano un cesso o la cacca. Oggi si parla di un’ impossibilità di valutare l'arte coi dati sensoriali, per cui essa diventa filosofia, capacità di creare concetti, dimenticando che la filosofia stessa, non potendo aspirare alla totale soggettività dell'arte, né all'oggettività della scienza, si situa in un pericoloso limbo. I maligni commentano che oggi molti artisti sono solo il prodotto di un corto circuito gallerista- compratore-riflesso mediatico, e hanno ragione: qualcuno si sarebbe accorto di alcuni degli artisti più strapagati, vedi Damien Hirst, se non si fosse messo in moto questo circuito?
Oppure si intende l'arte come provocazione, seguendo la teoria di Deleuze per cui è arte ciò che fa riflettere. Ma in un mondo in cui i capi di governo raccontano barzellette di pessimo gusto si possono ancora pensare provocazioni che non cadano nel vuoto? Una via c'è, anzi proprio una strada, la 'Street Art'. Non c'è ormai dubbio che tra i maggiori artisti del finale del secolo scorso ci siano gli autori di graffiti Keith Haring e Jean Michel Basquiat. Oggi uno dei candidati al titolo di maggior artista vivente è senz'altro l'inglese Banksy. Di lui non si sa nulla se non che è nato a Bristol nel 1974 o '75. Il suo volto è sconosciuto, anche perché la street art, cioè i disegni sui muri, è reato. Ecco una provocazione che non cade a vuoto: come si può seriamente sostenere che un'opera di Banksy deturpa un muro e una pubblicità no? E che non siano proprio certi muri a deturpare le città (fermo restando che si parla di periferie ed ecomostri, non di edifici storici)?
Banksy fa di più: crea opere che aggiunge di nascosto a quelle dei musei. Regalando invece di rubare annulla il circuito di cui sopra, delegittimando inoltre il mercato dell'arte, che sta alla base di molti falsi miti. Le opere di Banksy hanno spesso contenuto politico e il luogo scelto aggiunge valore all'opera, vedi gli stencil realizzati in Cisgiordania, sul muro che divide i Territori palestinesi dagli israeliani. Nel 2010 Banksy realizza una provocazione ancora più divertente di cui Guy Debord sarebbe andato fiero: gira un documentario, “Exit through the gift shop”, trasmesso in Italia da Rai5 alcuni giorni fa - al momento in cui scriviamo - che racconta un corto circuito creativo eccezionale. Un negoziante californiano, Thierry Guetta, è ossessionato dal filmare. Suo cugino è lo street artist Space Invader. Inizia col filmare lui, poi si dedica anche agli amici Dr Andre, Zeus e Shepard Fairey (quello della campagna “Obey” col volto di Obama), conquista la loro fiducia e ben presto la sua ossessione diventa filmare Banksy.
L'inglese accetta, e lo spinge a trarre un documentario dal materiale girato. Banksy però trova il film orribile e lo spinge a fare street art. Guetta, firmandosi MBW (Mr Brainwash) imita dichiaratamente Banksy diventando ricco e famoso, per cui alla fine è Banksy a girare un film su Guetta, personaggio di fatto creato da lui! Banksy ha anche validi epigoni italiani, il più interessante è il padovano Kenny Random, che ha avuto un momento di notorietà nazionale quando, contrariamente alle aspettative, un gruppo di concittadini si è opposto alla demolizione di un muro da lui decorato. In breve questo è Banksy, un artista venuto dal nulla, che rifiuta la gloria e la ricchezza, le cui opere hanno forma e contenuto. Un artista perfetto qualunque teoria si voglia seguire.
P.S. Queste riflessioni mi conducono ad altre. Pensavo alle polemiche seguite alla rappresentazione teatrale “Sul concetto di volto nel Figlio di Dio” di Romeo Castellucci, accusato di essere blasfemo da persone che sicuramente non l'hanno vista. Aldilà della singola opera, che andrebbe giudicata solo come bella o brutta, non secondo criteri ideologici, l'arte può essere blasfema? Secondo i musulmani lo è per natura, perché solo Dio è creatore. Anche Fellini la pensava così perché, diceva, fare arte è sfidare Dio sulsuo stesso terreno. Vincendo, perché anche l'ultimo degli artisti può immaginare un mondo dove Hitler si pente in tempo, fatto che nella realtà non è successo. Allora prendiamo l'arte come il prodotto dell'ingegno umano, e allora rispettiamola sempre, perché come dice il critico cattolicissimo Farinotti: “niente è peggio della censura”.
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