Jeff Tweedy WARM
[Uscita: 30/11/2018]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
La Casa Madre (Wilco, naturalmente) è ormai al palo da due anni, essendo “Schmilco” roba del 2016, nonché album al di sotto degli standard cui la band ci aveva abituati e annunciato da un titolo “nilssoniano” che rimane abbastanza interlocutorio circa il futuro a livello di gruppo. L’irrequieto leader, a un anno di distanza dalla riproposizione di brani in chiave acustica e solitaria di cui avevamo già discorso all’epoca, e senza contare la colonna sonora “Chelsea Walls” (2002) e lo sfogo a quattro mani col figlio, a nome Tweedy (“Sukierae”, 2014), pubblica ora il proprio reale esordio come solista. Jeff Tweedy è diventato grande, ha superato i 50 anni, i problemi coniugali, le crisi e i conflitti di ego (dallo scioglimento degli Uncle Tupelo all’incompatibilità manifesta col compianto Jay Bennett), la dipendenza da farmaci, ma si è anche tolto soddisfazioni inimmaginabili grazie alla formazione “stabilizzata” che ha portato i Wilco ad essere considerati uno dei migliori live act contemporanei e perfetto abito per le sue composizioni. Soddisfazioni che, col tempo, avevano evidentemente finito per renderlo prigioniero di una formula consolidata cui non si potevano più chiedere balzi in avanti, come dimostrato dagli ultimi capitoli: la scappatoia, quindi?
Apparentemente un approccio più libero alla composizione, recuperando una spontaneità “folkie” che era apparentemente accantonata da “Yankee Hotel Foxtrot“ e già riemersa proprio nell’ultimo album del gruppo. Caliamo la testina sul primo solco e lasciamoci avvolgere dall’atmosfera più “intima” creata da queste composizioni. Impossibile non riscontrare, fin dal primo ascolto, quanto si torni a fare i conti con l’esperienza degli Uncle Tupelo (evidente in Bombs Above, posta in apertura) e col periodo “Being There”, probabilmente il disco stilisticamente più vicino a questa nuova raccolta. Canzoni figlie del country-folk, che avevamo quasi scordato essere la principale influenza del nostro, ancorché segnate dall’inconfondibile marchio pop di estrazione lennoniana che caratterizzava quel doppio album (Some Birds, Don’t Forget, Let’s Go Rain), lambendo i territori di “Summerteeth” [Warm (When The Sun Has Died), la contagiosa I Know What It’s Like], o di ”A Ghost Is Born” (From Far Away, The Red Brick). Episodi invece come Having Been Is No Way To Be e How Hard It Is For A Desert To Die approcciano la materia “ballad” secondo la lezione dei maestri del genere degli anni '70, Neil Young in primis (la chiosa di How Will I Find You? a renderlo evidente), ma alla fin fine queste composizioni sono in tutto e per tutto aderenti allo “stile Tweedy”. Pur non essendo un capolavoro, un ottimo album di un ottimo songwriter: rimane l’incognita sul futuro di una band straordinaria che, a nostro parere, avrebbe affrontato la materia qui proposta col medesimo rigore e risultati non dissimili.
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